Genova nel cuore
Il crollo del ponte Morandi a Genova mi colpisce e addolora profondamente per l’entità del disastro, il numero dei morti e dei feriti, per la tragica fatalità di trovarsi proprio lì e non qualche metro prima o dopo al tratto del cedimento, per la linea sottile, quasi impercettibile, che separa la vita dalla morte, la luce di un mezzogiorno agostano dal buio definitivo del non ritorno. Proprio perché l’estate, l’aspettativa di un periodo di riposo, anche breve, dopo il lavoro di un anno, l’atmosfera di attesa che precede una festività non si addicono al lutto, al dolore, al pianto, alla negazione totale di quella porzione di serenità che ci aspettiamo almeno dai mesi estivi.
Ma forse il motivo per cui non solo Genova ma, credo, tutta Italia soffre per questo dramma riguarda la specificità del manufatto miseramente crollato: un ponte, nella fattispecie un ponte molto alto e grandioso, che ricordava vagamente quello di Brooklyn. Un ponte unisce realtà nate divise, le mette in comunicazione, le rende un organismo unico, svolge una funzione opposta a quella di un muro, che è protettivo ma anche divisivo; se poi è un ponte maestoso, sfida orgogliosamente la legge di gravità, regala per qualche minuto l’illusione e il batticuore di un volo e impone il riconoscimento dell’intelligenza umana e della positività del progresso tecnologico. Il suo rovinoso cedimento, oltre a trascinare con sé vite innocenti e gettare nella disperazione chi resta, diventa l’emblema concreto dello scacco, della sconfitta delle “magnifiche sorti e progressive”, dell’impotenza umana di fronte alle spietate leggi naturali, ma anche dell’incapacità di uno Stato e di coloro a cui ha demandato la manutenzione dei suoi gioielli ingegneristici a mantenere integre arterie comunicative fondamentali non solo per la città di Genova, ma anche per l’intero Paese, data l’importanza del suo porto, uno dei principali del Mediterraneo.
In questa giornata di lutto auguriamoci che quello spezzone di ponte sospeso, miseramente orfano del resto, non divenga simbolo di definitiva rovina, ma l’occasione, prima di altre tragedie, di una svolta culturale, economica, politica della nostra classe dirigente che la porti ad individuare da subito le priorità di cui abbiamo bisogno, ossia la manutenzione dell’esistente, l’eliminazione di rischi simili, la possibilità di viaggiare in sicurezza, e soprattutto la rinascita di una città come Genova, ancora una volta colpita al cuore, a cui va tutta la nostra particolare solidarietà e vicinanza, per i legami affettivi e culturali che da sempre legano l’Isola d’Elba alla Liguria.
MGC