Vent’anni fa esatti, Francesco Bosi diventava sindaco di Rio Marina. Sembra di vederlo, come se fosse ora, mentre scende le scale incamminandosi verso il Municipio: elegantissimo, carismatico, sicuro, con quell’aria calma e apparentemente distratta - in realtà non gli sfuggiva niente – nel giorno in cui inaugurava un decennio che avrebbe cambiato il Paese, segnato l’intera Elba e anche molte delle persone che lo hanno incrociato.
“Una delle persone più coerenti e più leali che ho conosciuto nella mia vita”. L’ex presidente della Camera, Pierferdinando Casini lo descrive così, commosso, con le parole giuste: “Amici e avversari politici – la sua constatazione - non possono che inchinarsi alla memoria di un uomo buono e giusto”.
Non amava il chiacchiericcio della polemica Francesco Bosi, né i sotterfugi. Piuttosto lo scontro politico alto e aperto, e poi la stretta di mano con l’antagonista. Era un uomo che univa. Univa convincendo, lavorando. Molti oggi lo ricordano, a Firenze e all’Elba, a destra e a sinistra. Moltissimi stanno scrivendo alla sua meravigliosa famiglia. Il sindaco Dario Nardella, e poi deputati, consiglieri regionali e comunali di ogni gruppo, di ogni colore politico: Francesco Bosi metteva l’uomo - le persone - prima delle idee, davanti alle idee. Questa era la sua cultura politica, una cultura con radici profonde, di matrice popolare cattolica, maturata nella Firenze dei La Pira e dei Fanfani, che spesso evocava. Era un democratico cristiano e ne conservava l’orgoglio: non aveva complessi o timori reverenziali, non li aveva avuti nella Prima repubblica, in anni davvero pesanti, e tanto meno li aveva nella Seconda, con responsabilità di primo piano in Parlamento e poi nel governo. Scuola di altissimo livello la sua: prima il sindacato e poi la politica a Palazzo Vecchio. Amava ricordare quando, da capogruppo dell’opposizione, aveva stabilito la consuetudine di incontrare periodicamente e di frequente - credo a cena - il sindaco Gabbugiani, comunista.
Del suo (successivo) incarico da assessore allo Sport del Comune di Firenze era particolarmente fiero. In quell’assessorato aveva realizzato una mole di opere che colleghi ai Lavori pubblici di altre città si sarebbero sognati. Sarebbe stato un grande sindaco di Firenze, questo è sicuro.
È stato uno straordinario sindaco di Rio Marina. È stato il più bravo e il più ascoltato fra i sindaci dell’Elba. Presente, scrupoloso, lucido, lungimirante, instancabile, esigente, martellante. Lavorava praticamente sempre. I risultati gli davano più forza e lui usava quella forza per ottenere altri risultati. Sapeva come si amministrava la cosa pubblica e aveva un amore irrefrenabile per questo paese, Rio Marina, che era anche il suo e che conosceva da decenni. Nessuno ha mai parlato tanto di Rio Marina. Nessuno ne ha mai parlato con lo stesso interesse, con la stessa dedizione, con una costanza quasi ossessiva. Nessuno le ha mai riservato tante attenzioni. Nessuno vedeva Rio Marina come la vedeva lui. O meglio, Bosi vedeva ciò che noi non vedevamo, assuefatti a tante cose e da tanto tempo. Memorabile la sua battaglia contro il degrado delle aree minerarie. “La contemplazione del degrado” la chiamava.
Nel 2001 cominciò dando dignità, anche estetica, al Municipio, al palazzo, perché sapeva - e spiegava, coi fatti - che il prestigio dell’istituzione era tutto. Ridette dignità al Comune, all’ente. Comune protagonista era il nome della lista che scelse lui, non casualmente. Con un coraggio da leone, combatté - spesso da solo - per ridare dignità anche all’Elba, che lui vedeva come una grande isola, titolata a pretendere di più, ad avere di più. Gli elbani lo capivano, e lui capiva gli elbani. Ottenne percentuali elettorali da capogiro, lui e il suo partito, che nella Seconda repubblica era un piccolo partito. Senza complessi, esigeva per l’Elba ciò che nessuno osava immaginare: infrastrutture, porti, strade, lavoro, una crescita della popolazione. “Una certa idea dell’Elba” è il titolo del suo libro. Una “certa idea”, la sua, che si poteva ovviamente condividere o meno - molti la osteggiavano - ma che innegabilmente ridava dignità alla politica, alla politica come servizio, come missione, come opera concreta al servizio delle persone e del territorio.
Nel 2006 fu consacrato il suo vero capolavoro, quando si confermò sindaco - non più da sottosegretario - accrescendo la fiducia degli elettori rispetto al successo di 5 anni prima e preparandosi a completare un decennio che è stato memorabile da tanti punti di vista.
Il sindaco di Rio Marco Corsini ieri ha avuto subito la sensibilità istituzionale di proclamare il lutto cittadino. E umanamente i ricordi più significativi sono quelli di chi, politicamente, stava dalla parte opposta rispetto a Bosi. Forse vale anche per il direttore di questo giornale.
Da testimone diretto – non fra i più importanti, ma fra i più vicini – di quel decennio elbano, pur non essendone all’altezza ho sempre avvertito il dovere di dare un contributo per preservare la memoria di quell’impegno, di quel lavoro, di quell’orgoglio.
Oggi la quantità e l’intensità dei ricordi e il cordoglio diffuso, ci restituiscono la piena consapevolezza della sua caratura. La consapevolezza di quanta stima e quanto affetto circondassero la sua opera. “Non se n’è andato UN sindaco - ha scritto qualcuno, con sintesi felice - se n’è andato IL sindaco. Il sindaco che ci ha ridato dignità e orgoglio”.
Alberto Giannoni