Porto di Piombino, venerdì 25 marzo ore 16.00, sto entrando nel garage del traghetto. Sul portellone della nave c’è agitazione: un giovane uomo dice che deve rientrare a casa con una signora, un suo coetaneo dell’equipaggio tenta di impedirglielo urlando qualcosa.
Posteggio e capisco che il giovane uomo non ha il green pass. Prima di salire mi soffermo con un capannello di persone nel garage. La discussione si fa concitata, il marittimo fa scudo col suo corpo all’uomo che si ostina a volersi imbarcare. Arriva un uomo robusto di mezza età che con fare deciso e sbrigativo dice di essere il capitano e intima al giovane di uscire immediatamente dalla nave. Quando il passeggero si rifiuta avanza verso di lui e lo spinge verso l’uscita, l’altro tenta di rimanere fermo, ma il capitano lo sovrasta fisicamente e il giovane viene buttato fuori senza tanti complimenti, rotolando a terra sulla banchina.
Mi è dispiaciuto vedere questa scena.
A posteriori mi sono chiesto se avessi potuto in qualche modo intervenire per calmare gli animi, trovare una soluzione ragionevole, ma se qualcuno mi avesse chiesto a che titolo non avrei saputo rispondere.
Se invece avessi potuto parlare col capitano, gli avrei espresso prima di tutto la mia gratitudine, a lui, al suo equipaggio e alla compagnia che assicurano un servizio vitale per noi elbani, offrendo ai residenti anche un piccolo e apprezzato sconto sul costo del biglietto. Gli avrei detto che quando ci imbarchiamo a Piombino non vediamo l’ora di arrivare dall’altra parte, e che la sua premura per non ritardare la partenza merita l’apprezzamento di tutti noi. Gli avrei suggerito però di aspettare ancora qualche minuto l’arrivo delle forze dell’ordine, le quali si sarebbero prese legittimamente la responsabilità di far imbarcare o meno il passeggero. Certamente il capitano di un traghetto ha uno spazio di autorità che gli permette di prendere iniziative del genere, non sta a me giudicare, ma a mio modesto avviso non è giusto né per l’equipaggio, capitano compreso, né per i passeggeri, né per la compagnia aggiungere questo stress al lavoro già impegnativo degli uomini.
Tutti abbiamo un interesse comune: che l’equipaggio col suo capitano possa fare bene il suo lavoro con serenità, per la sicurezza e la puntualità del trasporto, se ognuno fa il suo dovere senza forzature tutto funziona al meglio, le forze dell’ordine hanno il compito di far rispettare la legge e, nel caso, di usare anche la forza, se questo ruolo deve assumerlo l’equipaggio di un traghetto non è motivo né di serenità né di certezza del diritto.
So bene che le leggi emergenziali degli ultimi due anni hanno provocato tanti equivoci e divisioni, ma nessuno ci guadagnerà da questo clima avvelenato.
Torniamo pertanto ad un senso di gratitudine per il ruolo che ognuno svolge nella nostra comunità e chi pensa che le leggi in vigore siano confuse e sbagliate abbia la possibilità concreta di manifestare liberamente la propria opinione e di esercitare il fondamentale diritto di poter rientrare alla propria abitazione, ma rimaniamo nello stato di diritto perché fuori c’è la rovina di quello che abbiamo conquistato negli ultimi settanta anni.
Graziano Rinaldi