Le considerazioni di Paolo Di Pirro sui restauri "modernisti" della Sopraintendenza, come la Gattaia di Portoferraio o la Torre dell'orologio di Rio Marina: preoccupazione per la sorte della Torre marinese.
Inizio a temere.
In un mio precedente articolo sottolineavo il discutibile operato della Soprintendenza competente per l’Elba, nell’esercizio della propria missione istituzionale.
Certamente era, e permane, una valutazione personale, ma a bene esaminare ciò che è stato fatto in questi ultimi anni in varie opere di “riqualificazione” architettonica, di restauro o di nuova cementificazione, credo che ci sia oggettivamente da rabbrividire.
Eccesso di tolleranza, distrazione per seguire cose più importanti, diversa cultura estetica, carenza di sensibilità ambientale e paesaggistica, o quanto altro? Naturalmente non so darmi una risposta.
Certo è che lascia piuttosto perplessi, per così dire, osservare il restauro modernista (leggasi obbrobrio) della cosiddetta Gattaia di Portoferraio, la Torre dell’Orologio di Rio Marina rimessa anch’essa a nuovo, il tollerato ecomostro di Procchio e gli altri ecomostriciattoli, i serpentoni edilizi, i canili trasformati in residence, le stalle ed i caprili che lasciano il posto a ville, e quanto altro sottaciuto e tollerato venuto alla luce solo grazie alle segnalazioni di Legambiente, evidentemente unico organo paradossalmente deputato a questi tipi di controllo.
Cosa può pensare il cittadino “normale” che si vede additato e respinto solo perché gli sia venuto in mente, ad esempio, di ingrandire un poco una finestra, certamente con molto meno cemento !
Ora, sotto l’attenta egida della solita Soprintendenza, oltre che di illustri professionisti, si sta mettendo mano al restauro della Torre di Marciana Marina : non volendo trovarmi di fronte ad una nuova “Gattaia”, comincio a preoccuparmi.
Se, poi, penso che la Soprintendenza potrà avere una qualche voce anche nella “riqualificazione” del Porto di Marciana Marina (opera necessaria e preziosa, se concepita in modo corretto), la mia preoccupazione diventa terrore.
Paolo Di Pirro