Oggi pomeriggio Portoferraio ha salutato per l’ultima volta un grande cittadino, dignitoso, sorridente, ma soprattutto onesto e semplice, di quella semplicità disarmante che hanno solo le grandi personalità.
Io l’ho conosciuto un po’ di anni fa, quando gli studenti durante l’estate si potevano affacciare al cosiddetto mondo del lavoro con più serenità di quanto non possano fare oggi. Avevo sedici anni e fui assunta da “La Soffitta”. Leonida Foresi con un socio di Follonica aprì a Portoferraio la prima vera galleria d’arte elbana, anzi erano due una in piazza Cavour e l’altra nella mitica sede del Popolano e poi del Corriere Elbano in via Bechi.
Con me lavoravano la figlia Carla e Nila Crociani, certamente non era un lavoro faticosissimo, ma l’orario era molto lungo dalla mattina sino alle 24, e quando c’erano i vernissage si andava anche oltre. Ed era proprio in quelle occasioni che Foresi mostrava tutto il suo essere amatore dell’arte soprattutto pittorica. Competente, preciso e profondo conoscitore dell’animo umano era in grado di riconoscere un venditore di fumo in meno di dieci minuti e quando rimaneva solo con noi ragazze il suo tratto sarcastico dalla matita passava alla lingua ed emanava la sentenza. Eravamo certe che a breve il soggetto inquisito avrebbe dimostrato tutta la propria incapacità.
Intorno alla Soffitta c’era un mondo vario e variegato, dai nomi più conosciuti tra i post-macchiaioli come Domenici o Cigheri e poi Nello Francesetti, Beppe Lieto ma anche i giovani che poi hanno trovato la loro strada.
E poi c’erano le mogli.
La signora Domenici era Plava Cioni della grande famiglia Cioni, si sedeva da una parte qualche volta con la moglie di Leo a chiacchierare, e nei pomeriggi a volte chiamava noi “bimbe” a farle compagnia, ed intanto che gli uomini discernevano d’arte, di politica ma anche di donne e di pesca, lei si divertiva a raccontarci in chiave molto ironica piccoli episodi di vita coniugale. Il marito sentiva e sorrideva compiaciuto, Leonida no rimaneva quasi scandalizzato e scuoteva la testa.
Presenza costante alla Soffitta era Fortunato Colella fratello gemello, oserei dire, di Leonida, erano sempre sempre insieme. Senz’altro hanno trascorso più tempo insieme tra di loro che con le rispettive mogli, infatti quando vedevamo arrivare la signora Colella con le borse della spesa fatta al mercato coperto, Leonida sorrideva sornione come se sapesse già come sarebbe andata a finire.
Ed è proprio questo sorriso sornione la prima immagine che mi viene alla mente quando penso a Leonida.
Maristella Giulianetti