Inizia il nuovo anno scolastico e mi colpisce una frase: "L'anno che comincia non sarà certo quello di una irresponsabile guerriglia contro una legge dello stato, ma non sarà nemmeno l'anno della bandiera bianca" (F.Scrima).
Nel dibattito, con tante proteste, seguito all'approvazione della legge 107 sulla scuola (Renzi-Giannini), alunni e famiglie hanno avuto un ruolo marginale. L'attenzione si è concentrata soprattutto sui docenti e i dirigenti. Quali saranno le ricadute delle scelte parlamentari e i prossimi provvedimenti governativi (delegati) sul vissuto giovanile? C'è da tener conto dell'attuale contesto di vita dello studente: quali sono le caratteristiche della nostra società? E soprattutto: esiste un progetto di società, di Paese, un insieme di valori e di strategie condivise? Disorientamento è il termine che sembra esprimere in modo appropriato il presente. I dati occupazionali del secondo trimestre 2015 dicono che nella fascia di età fra i 15 e i 34 anni cala l'occupazione e, quindi, l'annunciata ripresa (o ripresina) è senza i giovani.
Si parla di crisi della politica buona. Scrive il filosofo P.Grassi: "Se dovessi spiegare a un giovane cosa significhi 'buona politica' gli direi che essa produce buone pratiche se fa riferimento alla persona (come essere di relazione dalla dignità infinita) e al concetto di bene comune (come bene di tutti e di ciascuno)".
I giovani. È necessario un protagonismo dei giovani. Passata la contestazione (anni '60 e '70) e le "pantere" (anni '80 e '90), in questi ultimi anni è prevalso il silenzio giovanile. Pochi hanno cercato di coglierne il messaggio (confuso in altre forme espressive: graffiti, musica, raduni, sballo, ecc.). Non è facile. Così come non è facile pensare a politiche giovanili da parte di adulti che spesso appaiono "adultescenti".
Immagino un diverso attuale protagonismo dei giovani. I cui contorni però non sono nitidi. E penso che questo sia un bene, altrimenti sarebbe un "protagonismo" incasellato o pilotato. Quindi, non sarebbe un autentico protagonismo. Mi vengono in mente parole come silenzio, ascolto ed empatia; coinvolgimento; prendersi cura. Due elementi, però, mi sembrano chiari. E sono, a mio avviso, le due facce della medaglia della connessione che, per 24 ore al giorno, caratterizza il tempo attuale, specie quello giovanile. Ecco i due elementi che, secondo me, fanno sì che la connessione sia accompagnata dall'incontro vero. Il primo è l'urgenza di connettersi con se stessi, cioè la scoperta dell'interiore mondo personale, del vissuto sedimentato nel presente e delle proprie aspettative con i profondi desideri. In questo, buona cosa sarebbe la riscoperta della figura del maestro di vita e del suo ruolo di accompagnamento. Il secondo è la necessità di volgersi ad una particolare modalità di connessione con gli altri: il prendersi cura. Questa è la maniera per realizzare quelle "buone pratiche" che fanno riferimento alle persone e al bene comune. Un utile apprendistato, esercizio di cittadinanza, è rappresentato dal vasto mondo del servizio, del volontariato per esempio, che può costituire l'antitesi di quel totalitarismo che è l'esaltazione dell'individuo e dall'espansione illimitata dei suoi desideri e del suoi bisogni. Un totalitarismo che miete vittime (e fra questi, i primi sono i senza voce e i giovani), sacrificati sull'altare del profitto dei pochi (ma il denaro è divinità furba perché elargisce briciole qua e là, illudendo parecchi).
Nunzio Marotti