Da lunedì 9 a venerdì 13, si svolge a Firenze il Convegno decennale della Chiesa italiana. Una grande assemblea di oltre duemila persone delegate da tutte le diocesi italiane che, martedì 10, incontreranno papa Francesco prima nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore e poi allo stadio Franchi. Tema dell'assise è: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
Anche i detenuti di Porto Azzurro contribuiscono ai lavori del convegno ecclesiale. Nei giorni scorsi, alcuni reclusi si sono incontrati con don Francesco Guarguaglini, il cappellano, e con Nunzio Marotti, uno dei delegati diocesani al convegno. Come punto di partenza è stata assunta la sfida che attraversa il cattolicesimo attuale: <<essere accanto ad ogni uomo e donna per costruire insieme una società buona per tutti, in grado di accogliere e gioire del desiderio di bene che ognuno porta in sé come traccia dell'amore di Dio per ogni uomo>>.
Dopo una breve introduzione, in cui sono stati evidenziati gli intenti del convegno fiorentino, si è aperta la serie degli interventi.
L'elemento maggiormente evidenziato, per far si che il carcere sia luogo di umanità ed umanizzazione, è quello della riparazione nei confronti della società. C'è il desiderio di rendere il tempo della detenzione utile agli altri, alla società, in particolare ai più deboli. Ecco allora la richiesta di raccogliere questa disponibilità, individuando occasioni di aiuto al prossimo e ai beni comuni come forma di riscatto personale e di restituzione sociale.
Con chiarezza si è affermato che, attualmente, il carcere non riesce a svolgere in modo adeguato la sua funzione rieducativa. Mancano opportunità che consentano di <<vivere il tempo e di non farsi vivere dal tempo>>. La noia tende a produrre uno stato di passività e rassegnazione di fronte al tempo che scorre, indebolendo così l'aspetto rieducativo e umanizzante della pena.
Il carcere, è stato detto, <<in assenza di aiuto sociale, inasprisce, inaridisce, amareggia>>. Tutti fattori di possibile recidiva, cioè di ritorno a delinquere dopo il fine pena; un segno, ha detto qualcuno, che <<il carcere è criminogeno>>. La società, del resto, non conosce la realtà carceraria che tende, anzi, a considerare come un corpo separato. Un maggiore rapporto con il territorio farebbe conoscere il volto di uomini e non di una categoria. Qualche tentativo esiste, per esempio la visita degli studenti, in occasioni di incontri di studio o di partecipazione a iniziative culturali, o la presenza costante del volontariato. Ma ci sono anche i docenti che frequentano le aule scolastiche interne per i corsi di alfabetizzazione degli stranieri e per i corsi istituzionali di conseguimento della licenza media e del diploma di maturità scientifica. E poi ci sono i detenuti – pochi - ammessi al lavoro esterno, presso realtà pubbliche e private. Cammini di rieducazione, seppure fra le tante difficoltà. I detenuti coltivano la speranza di terminare la detenzione per vivere un'esistenza <<normale>>, curando affetti familiari, lavoro e interessi.
Nel corso dell'incontro, tanti hanno sottolineato di aver sperimentato, proprio in carcere, la nascita di amicizie autentiche e la solidarietà. Per esempio, aiutare il nuovo arrivato, incoraggiandolo o donandogli qualcosa di necessario che manca, diventa esercizio di solidarietà concreta, gesti di umanità che umanizzano il carcere. Così come il consolare chi si trova in uno stato di afflizione. E tutto questo è reso possibile dalla comune condizione di sofferenza, che, spesso per la prima volta, fa vedere la vita e le persone con occhi diversi. C'è anche chi sottolinea che, nel carcere, l'unica realtà positiva che è riuscito a trovare è la libertà di pregare.
Infine, la voce di tutti si è levata in favore dell'abolizione dell'ergastolo, di quel "fine pena mai" che toglie ogni speranza e voglia di riscatto e redenzione.
Si è detto anche del Giubileo della misericordia, dell'atto di clemenza di cui ha parlato papa Francesco, insieme alle sue indicazioni per vivere l'esperienza della misericordia nel carcere, attraverso la preghiera, la riconciliazione e le opere di bene.
Sara possibile, ci si è chiesti, che una delegazione di fedeli reclusi di Porto Azzurro possa essere presente in Piazza San Pietro il giorno del Giubileo del detenuto (6 novembre 2016)? E' un desiderio che si cercherà di non deludere, d'intesa con le competenti autorità.
Al termine dell'incontro, tutti hanno chiesto di continuare ad incontrarsi per vivere l'ascolto reciproco e il confronto.
La comunità cristiana può dare un contributo al superamento della separazione che esiste fra società civile e carcere. Quest'ultima è <<una realtà che esige di essere inserita all'interno di un tessuto territoriale, fatto di mutua conoscenza e capace di sviluppare dialogo e comunione tra chi vive e lavora dentro questo Istituto e con la società in cui è inserito>>.