Gentile Sindaco,
in merito al suo atto politico, giuridico, culturale e sociale con cui ha mandato via da quest’isola alcune famiglie Rom, colpevoli a suo dire di non avere rispettato le minime regole di convivenza, è necessario prontamente che questa questione venga mantenuta aperta poiché l’ultima parola non sia lasciata alla sua ordinanza, al suo linguaggio e al suo “ordine” sociale. In quanto l’atto politico non è un atto arbitrario ma frutto di un conflitto. In democrazia, sicuramente non questa in cui viviamo e della quale lei se ne fa portavoce, la parola e le sue conseguenze sociali non sono pertinenza solo di una legge vaticinata e autoreferenziale ma fondatamente della libertà individuale, dell’ autonomia del pensiero e della piena integrazione sociale. Ma è l’uomo per la società, non il contrario. Da questa proposizione nasce la regola della democrazia: rifiutare con intransigenza ogni minimo atto che colpisca l’umanità di ogni individuo.
L’ordinanza da lei emessa investe una domanda che a lei non sfugge ma che lei perverte totalmente: di che natura e come vogliamo edificare o mantenere la società? Qual è oggi, nel nostro momento storico, la sua essenza più profonda? Ma prima di questa, desidero chiederle se quando ha firmato quell’ordinanza, la sua memoria, cioè quella facoltà della conoscenza, non sia stata percorsa da un brivido freddo memore di quel periodo storico con cui si epurava la vita sociale da coloro che non ne erano degni; spero che qualche libro di storia, quelli seri ce ne sono ancora (pochissimi ma si trovano), le sia servito a qualcosa. Spero.
Entriamo nel merito. Lei risponde in maniera giudaico-cristiano-borghese, più semplicemente la sua ordinanza premia il cosiddetto meccanismo del capro espiatorio, figlio di quella cultura della colpa e della repressione che usa il principio della vendetta come modo di espellere i mali sociali che infrangono l’ordine costituito. Tanto che lei sente il bisogno di spiegare in maniera “logica e razionale”, affatto umana, il suo gesto: basta leggere quanti riferimenti compie a se stesso, alla presunta correttezza morale con la quale lei si erge a sceriffo dell’ordine. Le citazioni si sprecano: il riferimento con cui si nasconde dietro alla Caritas, al fatto che il suo atto non colpisce l’etnia ma il comportamento - allora perché ha buttato fuori le persone? Se si fosse soffermato qualche volta a riflettere sull’intransigenza evangelica davanti alla presunta giustizia umana (visto che il Comune collabora con la diocesi, sarebbe carino essere coerenti davvero, non le piacerebbe?), avrebbe di certo sentito che in essa si mantengono distanti e differenti le persone dal loro comportamento, permettendo così un duplice effetto dirompente: di non colpirle con l’odio ma di fare loro comprendere le ragioni della loro deviazione e di ragionare con la logica della riabilitazione e riparazione amorevole. Ha mai pensato una strategia educativa e perciò necessariamente politica, una forma reale di configurazione strutturale davanti ad una problematica di accoglienza e integrazione, attraverso cui creare un luogo con un minimo di dignità e di rispetto? No. Ciò è già sufficiente a stabilire in maniera elementare -non è possibile approfondire e rendere complessa questo articolazione adesso - che la natura del suo atto è una copertura mistificante dietro cui si celano i reali rapporti di dominio e i soliti biechi interessi materiali.
Se io, che faccio l’educatore, vedo un ragazzino compiere un gesto che colpisce la sua e l’altrui dignità, mi guardo bene dal ricordargli quali sono le cose giuste e quelle sbagliate poiché esse sono categorie aprioristiche di costrizione. Tanto che questo è un modo comodo per comandarlo e indurlo a fare ciò che solo IO credo in maniera gravemente pregiudicante della sua situazione reale, ritenendo giusto o sbagliato ciò che invece è frutto di una sclerotizzazione o una patologia sociale tramite cui perpetrare solo un tipo di società. Così non solo lo manterrei nel suo errore ma ne trarrei il massimo della convenienza (nel suo caso è palese). Se queste persone defecavano o urinavano o lasciavano avanzi di cibo agli angoli delle strade ecc… non occorre dire che questi atteggiamenti non devono certamente essere mantenuti. Ma una cosa è dissimulare dietro quelli una completa deficienza di gestione politica, puntando loro il dito come unica minaccia sociale, una cosa è capire e voler comprendere le cause, le motivazioni, le conseguenze dentro quei comportamenti. E poi davvero lei ci vuol fare credere che se queste famiglie non avessero defecato, urinato, sporcato la bellissima Elba, sarebbero potute essere ospitate come “clienti” (parole sue) nei vari campeggi? Certo ad una condizione: che avrebbero dovuto accettare di pagare quei prezzi che, come a tutti i turisti viene riservato, sono vergognosi e stabiliti solo dalla buona morale nata dalla decisione del singolo mercante affamato di profitto personale. Il suo pensiero e il suo atto politico è frutto di una confusione, di una inversione del rapporto fra mezzi e fini, che devono essere osteggiati con tutti i mezzi civili e intellettuali a disposizione. Per chi ha in animo di riportare il piano delle cose nella sua realtà ordinata e armoniosa.
Dato che la sua ordinanza non possiede una base logica e razionale su cui sostanziarla, occorre chiederle se lei ha davvero il polso della situazione che si vive a Portoferraio e sull’Elba tutta. Occorre cioè ricordarle di che quantità e qualità sono le defecazioni, le urinate, lo spregio, la tracotanza, l’arbitrio, il disprezzo per ogni regola civile e di semplice buon senso che con una ricorrenza allarmante accadono su questa terra splendida. E, con sua grande sorpresa, non c’entrano i Rom! E’ una lista banale quella che segue, spero che quindi serva dire cose banali:
_ la cementificazione del suolo, e correlativamente della vita delle persone, la silenziosa spoliazione cui sono sottoposti, l’asservimento di ogni amministrazione comunale elbana a fare dell’ecosistema dell’isola un oggetto di consumo privato invece che una strategia, l’unica peraltro, su cui sperare che in futuro la terra, il mare rappresentino una realtà per una vita dignitosa; la difesa, la protezione e l’accrescimento di quel sentimento di benessere e di appartenenza alla cosa pubblica, al suo miglioramento, al Bene collettivo;
_ proprio <<l’estrazione di valore >> come dice il sociologo Gallino è quel processo a cui anche questa’isola, colpa, questa si, della politica che si è prostituita alla finanza degli interessi privati, drammaticamente vive: non <<produzione di valore>>. Egli continua: <<Si estrae valore quando si provoca un aumento del prezzo delle case manipolando i tassi di interesse o le condizioni del mutuo; si impone un prezzo artificiosamente alto alla nuova medicina; si aumentano i ritmi del lavoro a parità di salario; [ ] o si distrugge un bosco per farne un parcheggio.>> Per contestualizzare bene questa proposizione alla situazione della terra elbana possiamo affermare: si estrae valore quando le piazze, gli spazi pubblici sono riempiti dai tavolini del commerciante che vuole guadagnare sempre di più appropriandosi dello spazio pubblico (non conta affatto che egli lo paghi e che gli venga concesso poiché il profitto da egli soddisfatto non rientra nell’economia di produzione ma gonfia solo il conto in banca - propriamente l’essenza stessa del carattere collettivo entro cui si manifestano le relazioni, gli incontri, le dimostrazioni, gli scioperi, i giochi dei bambini dovrebbe dimostrare di per sé la sua inviolabilità.
Si estrae valore quando il comportamento dei singoli possessori di imbarcazioni è diventato, seguendo il “profondo principio” per cui quando vedo il mare penso automaticamente che non ci siano limiti né confini né regole alla mia volontà e ci navigo solo per soddisfare il mio desiderio di potenza e di “felicità”, una piaga che ogni stagione fa vittime decine di persone e che nessuno frena – è chiaro, i possessori di imbarcazioni portano soldi, il loro comportamento automaticamente diviene tollerato.
Si estrae valore quando è sotto gli occhi di tutti il terrorismo edile con cui si vogliono costruire porti, alberghi, villette…infrastrutture tutte assolutamente sradicanti e ininfluenti per reale e proporzionata crescita economica.
Si estrae valore quando anche una zona di riserva marina coma quella antistante le spiagge di Portoferraio non viene minimamente sottoposta a controllo (basterebbe qualche boa con cui si eviterebbe che le solite tristi imbarcazioni ormeggino, di fatto rovinando irrimediabilmente il fondale e la sua vita – che poi diventa la nostra.) Le suggerisco di leggere i reports, gli articoli, le osservazioni di alcuni biologi marini di fine levatura scientifica che dicono come la vostra cecità permette questo tipo di defecazioni.
Si estrae valore, infine, quando per fare accettare all’opinione pubblica un’ordinanza stupida si cerca di sostenerla con un’unanimità politica dove hanno confluito tutti i Comuni. Ma pensa, mi sono detto, proprio all’Elba dove questo sostantivo “unità” è rimosso, ignorato, mai elaborato profondamente adesso per i Rom improvvisamente accade e porta una ventata di benessere. E il sindaco di Portoferraio declama che questa fruttuosa collaborazione politica è nata anche con la strepitosa collaborazione del sindaco di Capoliveri! Davvero roba da ridere. Proprio quel sindaco, col tanto del suo “agire” politico, adesso è chiamato a giudicare quelle degli altri.
Ecco quello che accade: l’uomo e i suoi atti che rispondono solo al bisogno di tenere a tutti costi salda la disgregazione della propria “Coscienza” sempre e solo in cerca di felicità e di sicurezza. L’uomo che vive di questo è pericoloso, in quanto la visione totalitaria e fideistica di sé e di un benessere sociale devono passare solo attraverso una struttura politica di egemonia culturale. Che non deve avere persone, cittadini ma automi infantili e docili, assorbiti e omogenei, spoliati e collaboranti che bevono tutto. Che hanno paura di tutto men che della propria intransigente stupidità.
Pierpaolo Calonaci