Il Collegio Docenti dell’ITCG Cerboni ha recentemente approvato per il prossimo Anno Scolastico (2019/2020), l’attivazione di un nuovo indirizzo “Informatica e Telecomunicazioni” rivolto ai ragazzi che hanno interesse per l’informatica e che vogliono approfondire le tecnologie Web, i sistemi multimediali, il software, senza tralasciare la conoscenza della lingua inglese.
Oltre alle materie di base del settore tecnologico, lo studente di “Informatica e Telecomunicazioni” approfondirà lo studio della Matematica, delle Tecnologie informatiche, delle Tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica, delle Scienze e tecnologie applicate e dell’Informatica e delle Telecomunicazioni.
Questo indirizzo, che formerà un diplomato nell’indirizzo Informatica e Telecomunicazioni, è stato fortemente sostenuto dalla Dirigente Scolastica Prof.ssa Maria Grazia Battaglini, che ritiene che un percorso di eccellenza come quello Informatico possa qualificare l’Istituto e formare diplomati capaci di muoversi agevolmente nel campo delle nuove tecnologie e del Web, anche al fine di rispondere alle richieste delle aziende ed in generale del territorio elbano.
Alla Prof.ssa Cristina Sammarco ed al Prof. Antonino Oretti, docenti presso l’ITCG Cerboni, rispettivamente di “Progettazione multimediale” e di “Informatica” abbiamo rivolto alcune domande. A loro va uno speciale ringraziamento per aver soddisfatto le nostre curiosità e per aver fornito un quadro ancora più dettagliato su questo nuovo corso.
Ho così cercato subito conferma sulla validità e sulla lungimiranza dell’iniziativa del Cerboni di attivare questo nuovo corso di "Informatica e telecomunicazioni", sia come risposta alle richieste delle aziende del territorio elbano sia come soddisfacimento dei desideri formativi dei giovani di quest'isola. E' davvero un vuoto che si colma?
L’incipit del Prof. Oretti non lascia spazio ad interpretazioni “E' il corso di studi che mancava per mantenersi in linea con una società che cambia vertiginosamente” e prosegue “oggi per un'azienda le interazioni con il mercato sono tutti scambi di informazioni che muovono nella loro nuova veste informatica: mail, siti internet, social network e non ultimo WhatsApp. Internet ha aperto una nuova frontiera. Occorrono tecnici capaci di aggiornare il template di un sito web, di configurare un server di rete, di comunicare con ogni singolo stakeholder in qualsiasi parte del mondo. Questo nuovo corso di studi non è solo un vuoto che si colma, è la formazione di quella linfa vitale che ringiovanirà le aziende elbane, soprattutto quelle che operano nel competitivo settore turistico”. La Prof.ssa Sammarco conferma che si tratta di “un'iniziativa interessante che permette di rispondere a più esigenze: da una parte l'aumento di complessità del mondo in cui viviamo richiede in parallelo una gestione dei dati altrettanto articolata, dall'altra molti ragazzi oggi hanno una predisposizione alla tecnologia unita ad uno spirito logico e pratico che potrebbe ben applicarsi a questo tipo di studi”.
Una curiosità personale legata ai tanti e sempre più frequenti episodi di cronaca mi spinge a chiedere a questi due professionisti se davanti a tanti episodi di un uso improprio, se non addirittura illecito, del Web, ritengano importante la formazione delle coscienze, prima ancora che delle menti, delle nuove generazioni.
La risposta della Prof.ssa Sammarco muove dalla constatazione dell’importanza di conoscere regole e contesti in cui ci si muove. “Sì, penso sia molto importante, soprattutto conoscere la normativa in termini di privacy, perché il web, in particolare i social, rendono liquido il confine del territorio privato e pubblico. Allo stesso tempo ritengo sia importante sempre ricordare che la tecnologia è uno strumento che poggia sulla realtà ed è da questa che bisogna partire per evitare usi impropri”.
Come non condividere anche la riflessione del Prof. Oretti secondo la quale “il web può essere vissuto in due modi: o da vittime o da costruttori. Utilizzare gratuitamente un'applicazione, un gioco o un qualsiasi servizio su Internet non pagare implica necessariamente che noi stessi siamo il prodotto, la fonte di guadagno. Avere coscienza di questo è alquanto difficile. Così come l'acqua è insegnata dalla sete, partecipare alla costruzione di Internet ci permette di intendere che molti sono le vittime”.
Da genitore del Ventunesimo secolo mi sono sempre chiesta cosa voglia significare realmente l’espressione di "nativi digitali". Non mi lascio sfuggire quindi l’occasione di chiederlo a chi, per professione, interagisce con le nuove generazioni. La Prof.ssa Sammarco mi proietta nella storia, spiegandomi che “Quella di "nativo digitale" è una definizione controversa che nasce in America con Mark Presky, che identifica i "nativi" con i ragazzi nati dopo il 1985 e "immigrati digitali" con i nati prima di questa data. Per la mia limitata esperienza di immigrata digitale e ingegnere prestata all'informatica posso constatare che spesso i ragazzi hanno una confidenza digitale molto grande con il cellulare, ma con il computer fanno più fatica. Allo stesso tempo tutti hanno una capacità intuitiva e logica di arrivare ai comandi che li accomuna. Per questo parlerei più di "intuitivo digitale”. Quello che afferma è evidente anche nella gestualità dei giovani, capaci di scrivere un messaggio sul touch screen del cellulare, oserai dire anche ad occhi chiusi. Il Prof. Oretti, con la forza dell’esperienza, mi dice che “un nativo digitale è soprattutto una vittima, è il fruitore-prodotto di un software reso semplice da utilizzare attraverso quelle che nel mondo informatico si chiamano "le interfacceuserfriendly". Super-tecnici dell'informatica studiano e realizzano i modi più intuitivi per utilizzare le apps. In tutto questo c'è fortunatamente un guadagno. Il rapido cambio dei contesti accelera l'attività celebrale, creando una vivacità intellettiva superiore alle generazioni precendenti. Un'intelligenza fluida che va plasmata e consolidata nelle forme della nostra cultura evitando così che si raggrumi. Oggi si parla di pensiero computazionale, attuato attraverso la tecnica del problemsolving per mezzo del coding. Gli anticorpi dei nativi digitali sono i bit stessi”.
Condivido questa riflessione e da un spunto che mi fornisce il Prof. Oretti mi perdo nei ricordi di quando ero studentessa a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. In quegli anni frequentavo un Istituto tecnico Commerciale che, già allora, formava giovani programmatori elettronici. Io ero tra quelli e porto tuttora nella mia vita personale e lavorativa, gli effetti benefici dello studio di quelli che noi chiamavamo “algoritmi” e che oggi conosciamo come “pensiero computazionale”.
Mi congedo dagli intervistati chiedendo loro un’ultima suggestione per chi volesse cimentarsi in questo nuovo corso che arricchirà l’offerta formativa del Cerboni e di tutta l’Isola d’Elba.
“Per l'acquisizione di un metodo logico caratteristico della progettazione informatica” suggerisce la Prof.ssa Sammarco, “e per la preparazione ad alcune sfide che la nostra società si trova ad affrontare, penso alla sicurezza dei dati, alla privacy e alla gestione efficace di moli sempre più elevate di dati (Big data)” . Conclude il Prof. Oretti affermando che qualsiasi “studente vivace intellettualmente che si lasci guidare può conseguire un diploma di tecnico informatico che è probabilmente il miglior lasciapassare per entrare nel mondo del lavoro”.
La chiarezza e la completezza dei nostri interlocutori sarà sicuramente utile alle tante famiglie che si stanno interrogando sul futuro formativo (e direi non solo) dei propri figli.
Emanuela De Domenico