Festività di fine ed inizio di anno che volgono al termine, con abitudini culinarie della tradizione elbana. Un tema caro ad Alvaro Claudi, noto gastronomo e storico della cucina toscana ed isolana, che abbiamo sentito per ricordare alcune caratteristiche locali che possono essere rilanciate in questi giorni.
"Segnalo innanzitutto il vin cotto- dice- una riscoperta che ho presentato alla cena ecumenica dell'Accademia della cucina italiana, delegazione elbana. Nel passato serviva da edulcorante al posto dello zucchero che allora era troppo costoso. Si ottiene facendo bollire il mosto d'uva, non fermentato e appena pressato, per almeno 7 ore, fino ad ottenere una consistenza simile al miele. Veniva usato anche come ricostituente per i bambini e lo usavamo a San Piero perfino sulla polenta".
E lo chef ha raccolto testimonianze da alcune anziane di San Piero e Sant'Ilario, che hanno ricordato della diffusione del dolce Montenegrino, che in realtà è una torta soffice originaria di Ferrara.
“C'è l'ipotesi- spiega l'esperto- che sia stata conosciuta nel campese da una famiglia della zona, che nel passato, per qualche decina d'anni erano stati guardiani dell'isola di Montecristo. Forse hanno appreso la ricetta dal personale di servizio di Casa Savoia, nei periodi che Vittorio Emanuele III e la Regina Elena di Montenegro, trascorrevano nella loro residenza reale che avevano su quello scoglio. Sono tante le riscoperte che si fanno grazie ai racconti delle nonne dell'isola, che oltre a saper cucinare, raccontano le storie, le vicende, legate ai piatti e alle usanze dei decenni passati”.
Negli anni Cinquanta, ha ricordato il gastronomo, per le feste, veniva realizzato un pranzo usando un galletto giovane, di cui si usavano tutte le parti, con alcune si faceva il brodo, con altre il sugo che si consumava con gli gnocchi e si preparava pure il fritto di verdure varie dell'orto. Nel dopo guerra di grande povertà, a Pomonte si faceva tostare la farina che prendeva il sapore delle nocciole, si univa latte e zucchero per avere una farinata dolce. Con i fichi, abbondanti piante nell'isola, quelli freschi finivano anche in marmellate con dentro spicchi di limone e mandole tostate. E nel riese, ai tempi dei minatori nei forni si facevano chili e chili di Panficato, che per i cavatori del ferro era la colazione". Sempre nell'est isolano informa Claudi la schiaccia briaca in origine era data come genere di conforto per i marinai imbarcati, ma anche le focaccine dette Imbollite sempre con fichi, miele e semi di finocchio e poi pane arricchito ancora da fichi.
"Esisteva anche il pane anisato detto Caccilebbora, -rimarca Claudi - con dentro un uovo intero augurio di fertilità. E la schiaccia briaca riese tipica, è oggi contrastata da quella capoliverese. La differenza? Quella della zona di Rio è rossa perché contiene l'Alchermes, mentre l'altra è più bianca contenendo in alternativa il moscato dolce; poi il Panforte che è un dolce che risale all'epoca medievale ed anche la semplice Schiacciunta fatta con strutto, uova, farina e zucchero. E come non ricordare il castagnaccio”.
Claudi ha realizzato anche varie pubblicazioni nel passato sulle tradizioni alimentari tra cui A tavola con l'imperatore. 77 ricette napoleoniche da provare e gustare (Miraggi Edizioni) e Zuppe e stornelli, ricette, canzoni e usanze della isola d'Elba, insieme a Sergio Rossi, Rimeinpentola della Persephone.