Con la pandemia di Covid-19 sono aumentate le violenze, i femminicidi, le diseguaglianze, gli stupri sulle donne nel mondo. Propongo una riflessione attraverso un viaggio a 360° sull’universo femminile: pari opportunità, educazione, abusi… Un viaggio iniziato l’8 marzo scorso su Elbareport con “Vaccini e Pandemia - J’accuse di Manon Aubry europarlamentare”; donna francese giovane e coraggiosa di 31 anni che ha accusato (J’accuse…) la signora Von Der Leyen, presidente della Commissione europea, di essere stata debole nei negoziati per la fornitura dei vaccini con le big pharma.
Nel 2020, tra i 7,8 miliardi di abitanti del pianeta, 3,9 miliardi erano donne. Tra i Paesi in cui le donne sono più numerose degli uomini, si trova al primo posto il Nepal, con 100 donne per 84,5 uomini, poi Hong Kong, la Russia e vari Paesi dell’ex URSS, come Lettonia e Ucraina. In Russia, questa superiorità numerica si spiega, soprattutto, per il fatto che l’aspettativa di vita è di 78 anni per le donne e di soli 68 per gli uomini, a causa del consumo di vodka e tabacco.
Al contrario, tra i Paesi in cui gli uomini sono più numerosi, troviamo al primo posto il Qatar, con 302 uomini per 100 donne, gli Emirati Arabi Uniti e il Sultanato dell’Oman. Si tratta di Paesi del Golfo, in cui gran parte della manodopera è maschile e di origine straniera. Tra gli altri Paesi in cui gli uomini sono più numerosi, troviamo anche l’India e la Cina continentale, le due prime potenze demografiche. Complessivamente in questi due Paesi, ci sono 91 milioni di uomini in più rispetto alle donne. In India gli aborti selettivi, le preferenze per i maschi a causa della religione, della dote o della perpetuazione del cognome, sono fattori tecnici, culturali e religiosi che spiegano questo fenomeno. La carenza di donne potrebbe causare disequilibri demografici importanti con conseguenze su salute mentale degli uomini, tratte di esseri umani e aumento dei crimini, compresi quelli sessuali. Citando il Washington Post: “Non si è mai verificato nulla di simile nella Storia”.
Le donne rappresentano quindi la metà circa dell’umanità, ma non hanno ancora sempre gli stessi diritti. Facciamo l’inventario di questi diritti, tra progressi e regressi.
A cavallo tra il XIX e il XX secolo, la principale rivendicazione delle donne è il diritto di voto. Nel 1893, la Nuova Zelanda è il primo Paese ad accordarlo. E’ poi stato instaurato durante il XX secolo, nella maggior parte dei Paesi. Focalizziamo la nostra attenzione sull’Arabia Saudita, dove le donne possono votare dal 2015. Al diritto di voto, nel 2018 si è aggiunto quello di guidare e nel 2019 quello di ottenere un passaporto e viaggiare senza il permesso di un uomo. In una società regolata dalle norme restrittive della sharia, le donne sono sempre sotto tutela di un uomo, si possono considerare dei progressi. In questo Paese dove le elezioni sono limitate e senza reale effetto, le donne reclamano soprattutto la loro autonomia economica.
Il lavoro. Esistono nel mondo, grandi disparità, soprattutto in termini di stipendio. In effetti, su scala mondiale, le donne guadagnano, in media, l’84% dello stipendio degli uomini, con un divario del 16% in termini di retribuzione. In Islanda, nel 1961,
una legge instaura la parità di stipendio, ma nel 2017 le islandesi guadagnavano ancora il 16% in meno rispetto agli uomini. Allora, dal primo gennaio 2018, una nuova legge esige che i datori di lavoro dimostrino che uomini e donne, a funzioni pari, hanno gli stessi stipendi, mentre prima, toccava alle donne provare la discriminazione. L’obiettivo è eliminare la disparità di stipendio entro il 2022.
Nel 2019, benché le donne rappresentano la metà della popolazione mondiale in età lavorativa, occupavano solamente il 28% delle funzioni quadro e direttivi. Parlando di funzioni direttive, quale è il posto delle donne in politica? Ci sono ovviamente, donne celebri, come Angela Merkel in Germania, Jecinda Ardern in Nuova Zelanda o Kamala Harris negli Stati Uniti, ma questi nomi non devono oscurare la realtà dei numeri. Nei parlamenti nazionali del mondo, la proporzione media dei seggi occupati dalle donne era dell’11% nel 1995 e del 25% nel 2020. Ci sono stati piccoli progressi ma sempre grandi disparità secondo i Paesi ed è spesso grazie a politiche di “quote rosa” previste dalle leggi che la percentuale di donne aumenta. Prendiamo l’esempio del Ruanda, spesso citato, con il suo 61,5% di donne in parlamento. E’ il risultato di una politica volontaristica nell’ambito della ricostruzione nazionale, dopo il genocidio del 1994.
Istruzione. Per poter lavorare, bisogna aver usufruito di un minimo di istruzione, altro diritto essenziale, ma ancor oggi minacciato. In Afghanistan, nel 2002, dopo la caduta del regime talebano, una campagna battezzata “Back to school” restituisce la priorità all’istruzione. La quantità delle bambine scolarizzate passa dalle 5 mila circa sotto i talebani a 2,4 milioni, nel 2011. Ma, a partire dal 2015, con il ritorno dei talebani in alcune regioni, le scuole femminili sono periodicamente attaccate. La povertà e la pratica dei matrimoni combinati sono altri ostacoli importanti per la scolarizzazione delle bambine sul lungo periodo. Parlando di matrimoni combinati, è utile sapere che, nel 2009, su scala mondiale, il 24% delle donne dai 20 ai 24 anni si è sposato prima di avere compiuto 18 anni e che, nel 2019, erano ancora il 20%. E’ un progresso troppo debole che la pandemia di Covid-19 potrebbe rallentare, perché chiusura delle scuole e incremento della povertà rischiano di causare un aumento di questi matrimoni.
Il che porta a parlare di un altro tipo di diritto: il diritto che permette alle donne di disporre del proprio corpo. Una libertà non ancora compiuta, in quanto nel 2018 appena una donna su due, nel mondo è libera di decidere per la sua salute e i suoi diritti di sessualità e procreazione. Innanzitutto, per l’aborto, rivendicazione dei movimenti femministi delle donne degli anni Settanta. Oggi, 68 Paesi e territori autorizzano l’aborto senza restrizioni, ossia solamente un terzo delle donne in età di procreazione. E anche in questi Paesi permane un diritto fragile. In seno all’Unione europea, prendiamo l’esempio della Polonia dove l’aborto è ormai vietato. Negli ultimi anni, era autorizzato solo per motivi di salute, ma, nell’ottobre 2020, è stato vietato dalla Corte costituzionale, provocando importanti cortei di protesta.
Per concludere, gli omicidi nel mondo, in particolare quelli volontari. In generale, gli uomini sono le principali vittime. Ma se consideriamo gli omicidi commessi da un partner intimo, le donne sono ampiamente maggioritarie. Una situazione comune a tutti i continenti. Nel 2017, sulle 87mila donne assassinate, 50mila sono state vittime di un partner intimo o di un familiare. Secondo dati ONU pubblicati nel settembre 2020, i lockdown legati alla pandemia di Covid-19 hanno aumentato le denunce e le telefonate alla polizia per violenze contro le donne, in ogni parte del mondo. Basterà una crisi per rimettere in discussione i diritti delle donne?
Enzo Sossi