“nessuna voce pietosa, nessun canto funebre ad accompagnare l’inutile sacrificio?”
“...e un silenzio lugubre avvolge le spoglie giacenti”
Si, è difficile rompere il silenzio che avvolge il femminicidio di Silvia, ed è difficile proprio perché questa cosa orrenda è accaduta qui, sotto casa nostra, davanti ai nostri occhi, ad una di noi.
E non in senso metaforico.
Conoscevo personalmente Silvia e le volevo bene.
E allora questa tragedia mi lascia ammutolita e paralizzata.
Non ho voglia, personalmente, di rivendicare l’impegno femminista, collettivo ed individuale.
Non ho voglia di indire nessun sit in (ma qualcuno ci verrebbe, in quest’isola invasa dal turismo in piena onda di frivolezza, produttivismo e edonismo liberatorio?).
E non ho neanche voglia di sottolineare quanto non siano, la società civile, le istituzioni, le persone comuni e le autorità costituite, incapaci di prevedere e prevenire.
E quanto i vicini, gli amici e i semplici conoscenti, si rimanga inerti e a distanza di sicurezza dalle cose dolorose, disgustose o pericolose.
Non lo facciamo con niente, prevedere e prevenire, nè con l’ambiente che ci nutre e ci sostenta e di cui alimentiamo sistematicamente la distruzione, né con il sistema sanitario che collassa quando c’è un’emergenza, né con la scuola e con il futuro delle nuove generazioni, perché diamine avremmo dovuto farlo con Silvia?
Io penso a Silvia da due mesi, piango la sua morte e le dedico canzoni, in ritardo.
È il mio modo di onorarla.
E la ricordo, donna complica e dalla vita difficile.
E la ricordo adolescente, quando ci frequentavamo, e tutte le possibilità erano ancora in essere.
Già difficile e complicata, come ogni adolescente, e con il lato oscuro visibile, come molte adolescenti.
E talentuosa, artista in erba, brava a disegnare e a dipingere.
E piena di vita.
E la porto nel cuore, come un’altra sorella.
Francesca Ria