Succo di limone ad ogni pasto, abbondante lettura di libri gialli e poesie, una gran forza di carattere e un fisico eccezionale dal punto di vista salutistico. Paiono essere i segreti della longevità di Maria Paolini, nata a Marciana Marina il 14 novembre del 1909. L'ultracentenaria sarà festeggiata quindi per i suoi 104 anni, alle 14 di giovedì, presso La Casa di Riposo delle Missionarie di S. Antonio Maria Claret, attorniata dai figli Elba, Angiola e Gaetano, che hanno superato ormai gli ottanta anni, da 6 nipoti e 8 pronipoti e vari parenti amici, per un brindisi speciale. “Maria- commenta Nello Anselmi, esperto di storia e tradizioni locali- si sposò giovanissima e come molti altri, a quel tempo, ha vissuto un impegno rivolto alla campagna con la coltivazione della vite. E' sempre stata una donna dal carattere forte e si dice che lavorasse insieme al marito Egisto Testa, e lei si occupava di costruire i muri a secco, molto diffusi nelle colline a terrazza dell'isola, coltivate a vigneti”. Curiosità che ruotano intorno alla donna? Il fatto che le è sempre piaciuto molto leggere il giornale e tutt'oggi segue le cronache e fino a qualche anno fa leggeva senza occhiali. Oltre i quotidiani molti libri gialli sono stati letti dalla marinese. Poi la fortuna dell'anziana è, ed è stata, quella di essere sempre in buona condizione di salute, non è incappata in malattie gravi e nessun intervento chirurgico è stato necessario per lei. La sua salute di ferro pare legata ad una particolare abitudine alimentare: ad ogni pasto beve da sempre acqua e limone spremuto. E’ ancora ben lucida e nella festa probabilmente Maria, si lancerà nel dire a memoria la poesia preferita " A mia madre" di Edmondo De Amicis. “Ha sempre amato le poesie- afferma la figlia Angiola – ne ricorda diverse a memoria e le declama senza sbagliarsi”. E allora nel fare gli auguri a Maria, ecco qui riportata la sua poesia preferita scritta dal De Amicis nel 1882.
A MIA MADRE
Non sempre il tempo la beltà cancella
O la sfioran le lacrime e gli affanni;
Mia madre ha sessant’anni,
E più la guardo e più mi sembra bella.
Non ha un detto, un sorriso, un guardo, un atto
Che non mi tocchi dolcemente il core;
Ah se fossi pittore
Farei tutta la vita il suo ritratto.
Vorrei ritrarla quando inchina il viso
Perch’io le baci la sua treccia bianca,
O quando inferma e stanca
Nasconde il suo dolor sotto un sorriso.
Ma se fosse un mio prego in cielo accolto
Non chiederei del gran pittor d’Urbino
Il pennello divino
Per coronar di gloria il suo bel volto;
Vorrei poter cangiar vita con vita,
Darle tutto il vigor degli anni miei,
Veder me vecchio, e lei
Dal sacrifizio mio ringiovanita.