Michele è conosciuto e apprezzato per la sua cucina creativa che potremmo definire una reinterpretazione della cucina elbana. Non solo e non tanto perché reinterpreta i piatti tradizionali ma perché combina gli stessi alle erbe selvatiche presenti in grande quantità e varietà sull’isola, alla frutta e al pesce creando accostamenti originali, capaci di far rivivere a chi li assapori i profumi di una passeggiata nei sentieri o sulle scogliere dell’Elba. Si è diplomato alla Scuola Alberghiera all’Elba, ha avuto la fortuna di incontrare come insegnante Alvaro Claudi, appassionato cultore della cucina elbana, che gli ha dato la giusta impostazione. Le origini campagnole e la cucina di famiglia gli hanno dato l’imprinting per fare queste scelte, un po’ in giro per il mondo e poi la decisione di rimanere all’Elba per la passione per il mare e per questa terra ricca di natura. Michele ha condiviso per diversi anni con i proprietari dell’Hotel Cernia Isola Botanica la visione di una cucina basata sulle emozioni e adesso ha ripreso la sua strada con una attività che alterna la cucina all’insegnamento, alla comunicazione attraverso il suo blog http://emotionchef.wordpress.com
Come è iniziata la tua passione per la cucina?
Sono nato a Campiglia Marittima ho vissuto la mia infanzia in campagna, mia mamma ha sempre amato la cucina era ed è solita preparare tortelli, pasta fatta in casa, piatti casalinghi, dolci e sono cresciuto tra i libri di cucina e nell’orto con le galline. Ho scelto di frequentare la Scuola Alberghiera all’Elba ad Ortano Mare che mi ha dato le basi ma per poter sviluppare questa professione. Nel 1984 finita la scuola mi sono trasferito qui. La mia fortuna è stata quella di incontrare come insegnante Alvaro Claudi, che mi ha fatto fare esperienza di lavoro fin dal primo anno, mi ha portato con lui all’Hotel Airone dove abbiamo fatto diverse stagioni insieme e da lui ho imparato, non solo un metodo di lavoro ma la dedizione e l’approccio allo stesso. Poi con il tempo abbiamo preso strade diverse, mi sono sposato e ho fatto altre esperienze di lavoro.
Quali esperienze hai fatto?
Ho lavorato negli USA: cercavano una persona in Texas, a S.Antonio, che insegnasse la cucina italiana per una catena di ristoranti, volevano aprirne uno italiano: feci il passaporto, il biglietto e andai. Quella è stata una esperienza forte, imparai l’inglese, il mio era a livello scolastico, mi trovai catapultato, unico italiano, in mezzo a messicani e americani e ho imparato culture, metodi e temi di lavoro differenti. Poi sono tornato all’Elba ed ho avuto l’occasione di insegnare alcuni anni nella stessa scuola alberghiera che avevo frequentato da ragazzo. Sono stato con alcune organizzazioni elbane che si occupavano di turismo in Scandinavia, a Copenaghen, Oslo e Stoccolma a presentare e promuovere l’Elba attraverso la cucina. Poi in Svizzera ed in varie città italiane . Ho viaggiato un po’ e tutte le volte ho avuto la fortuna di poter andare a carpire qualcosa, questo lavoro lo impari se sei in grado di “rubare” ma anche di capire, amare e reinterpretare quello che vedi mantenendo con naturalezza la voglia di scoprire e conoscere. Per rimanere in tema direi che bisogna avere una fame continua di conoscenza.
Come è stato l’incontro con l’Hotel Cernia?
Avevo organizzato dei corsi di cucina dentro l’albergo dove lavoravo all’epoca e tra gli iscritti c’era anche Francesca Campagna, la proprietaria dell’Hotel Cernia, con la quale col tempo scoprii di condividere la stessa passione per le erbe, come avevo imparato da mia nonna. E’ stata Francesca a proporre di organizzare un corso sulle erbe spontanee dell’Elba con una guida del posto, spinta dalla curiosità di capire quali e quante preparazioni fossimo stati in grado di eseguire in cucina . Dopo questo corso io mi resi conto che all’Elba puoi uscire di casa con un cestino e un coltellino e quando torni a casa fai una cena divina grazie alla grande varietà di piante eduli ma, nell’albergo nel quale lavoravo a quel tempo, mi era impossibile realizzare tutto ciò. La mia era per forza di cose una cucina più classica perché raccogliere e preparare le erbe selvatiche richiede una infinità di tempo e di organizzazione. A fine stagione mi sono “guadagnato” una richiesta di collaborazione proprio dall’ Hotel Cernia perché loro credevano tanto nel progetto di cucina emotiva che avrebbe sposato le erbe e il pesce povero. Io non uso orate, nè spigole di allevamento, piuttosto l’acciuga, lo sgombro il pesce che puoi trovare all’Elba e che viene pescato. Uso anche la boga e la sarpa quando mi capita, anche se è difficile trovarli adesso, non li pesca più nessuno perché non rendono, così riesco a fare una cucina particolare.
Si può dire che tu sei un anello di congiunzione tra la cucina tradizionale elbana, con quello che ora è la tua cucina creativa. C’è una sorta di filo conduttore?
Ci sono arrivato a piccoli passi, con Alvaro Claudi si è sempre fatto questo discorso della cucina tipica elbana: stoccafisso alla riese, la sburrita, i totani ripieni come li fanno nel marcianese o nel portoferraiese, il gurguglione, questi piatti tipici nostri che hanno subito l’influenza dei vari popoli che si sono succeduti nelle tante colonizzazioni e invasioni. Da lì c’è stato il passo della rivisitazione: lo stoccafisso scomposto, un tortino di stoccafisso con la crema di patate invece che lo stoccafisso tutto intero. La sburrita, anche quella rifatta a tortino oppure su crostino, e poi da lì, da quando mi sono messo a cercare le erbe, mi sono reso conto che la vera cucina elbana, a parer mio, senza nulla togliere ai piatti tradizionale che comunque continuo a fare, è quella che fai con le materie prime che trovi sull’Elba. Così sono nati dei piatti particolari, faccio un pesto di erbe fatto con le erbe selvatiche e con l’aglio triquetro, il cipollotto selvatico e lo strigolo. Faccio un trito ci impasto gli gnocchi, vengono buonissimi, non è un piatto elbano perché non è un piatto classico, però è più buono di altri piatti e viene dall’Elba
Dalla fine di questa stagione hai deciso che era arrivato il momento di rincominciare il tuo cammino, hai lasciato il tuo lavoro all’Hotel Cernia e cosa hai in mente, che programmi hai?
Vorrei stravolgere i canoni classici del cuoco all’interno di una struttura fissa, invece che fa venire le persone da me ad assaggiare la mia cucina, voglio andare io in giro dove la mia cucina è richiesta. Quello che mi piace fare è di portare la mia idea di cucina in giro, e possibilmente coinvolgere anche altre persone che abbiano la stessa filosofia, la stessa etica e la stessa voglia.
Puoi raccontarci qual è il tuo approccio ai diversi tipi di cucina e a quella emotiva?
Ho avuto la fortuna di entrare nel mondo della cucina quando ancora, da ragazzino, c’era la cucina classica negli alberghi e in quel periodo ne ho imparato le basi che sono fondamentali per fare poi qualsiasi tipo di cucina. Dalla cucina classica siamo passati alla Nouvelle Cuisine che ha stravolto i canoni classici della cucina arrivando, con alcune trasformazioni, alla nascita della cucina creativa che è una via di mezzo. Poi con la globalizzazione sono arrivati ingredienti da qualsiasi parte del mondo e abbiamo trovato l’omologazione anche in cucina. Da una parte abbiamo raggiunto la comodità e la possibilità di poter godere di ogni tipo di ingrediente e di cucina; dall'altra si è, paradossalmente, ristretto il campo d'azione di quella ristretta categoria di cuochi "artigiani" che credono nella qualità e nella “salubrità” degli alimenti. Mi sono reso conto, osservando gli sviluppi del mio settore negli ultimi anni, che la globalizzazione ha portato all’omologazione anche degli ingredienti. Un pomodoro è uguale qui come a Milano come a Londra, quindi la differenza la fa la materia prima di qualità quella che trovi nel luogo d'origine possibilmente anche selvatica, autoctona, comunque sia non contaminata dalla globalizzazione. Lo stesso discorso vale con il pesce e la carne che sono sempre più controllate e modificate in favore delle esigenze di mercato. Purtroppo proprio queste esigenze impongono a molti locali un percorso che non rispecchia il mio modo di proporre questa professione per cui è maturata in me la voglia e l'esigenza di cercare di portare il mio modo di interpretare la cucina in qualsiasi posto dove mi viene richiesta. Può essere un ristorante, un albergo, una casa privata o altro ancora. Nulla poi vieta che si possa tornare alla cucina classica o la cucina creativa fatta con ingredienti sani.
Quali sono le caratteristiche della cucina emotiva?
E’ nata all’Hotel Cernia, qui ho trovato una visione diversa nell'intendere l'ospitalità a trecentosessanta gradi. Nello specifico della cucina, grazie all'idea dei proprietari di usare le erbe e di far conoscere agli ospiti l'isola da ogni punto di vista, ho portato il territorio nel piatto. Li è nata spontanea quella che Francesca (Francesca Campagna ndr) battezzò come cucina emotiva. Emotiva perché si cercava di dare veramente un emozione, oltre ad un piatto ben fatto si voleva far sentire anche la passione che c’è nel farlo, i profumi, gli odori i colori che hai visto durante la giornata magari andando a fare una passeggiata sulla costa. Quindi diventava cucina emotiva quando era accompagnata da un sevizio ben fatto, da un’accoglienza fatta in una certa maniera e da una voglia di far star bene il cliente, senza narcisismo, dove il territorio è il protagonista.
Nei tuoi programmi ci sono il cuoco itinerante che va a proporre la sua cucina nell’Isola e anche fuori, e poi i corsi di cucina che dovrebbero partire a breve
Si, mi piacerebbe fare un team di cuochi elbani interessati e appassionati che condividano una filosofia di cucina fatta di valori, di metodologie che poi ti portano ad uno sviluppo in una certa direzione. Vorrei iniziare dei corsi anche per conoscere altre persone, poi insieme a chi ha interesse a condividere valori e metodologie e ne ha le capacità, promuovere l’Elba al di là del proprio lavoro.
Altra cosa sarebbe avere una vera e propria scuola?
Sarebbe l’ideale avere una vera e propria scuola che insegni il lavoro e la passione ma purtroppo la scuola pubblica è carente all’Elba, ma credo anche da altre parti, ma per un’isola che vive di turismo sarebbe essenziale.
Valter Giuliani www.elbataste.com