Viaggio spesso, pur abitando all’Elba: un connubio forse ideale, ma arduo da realizzare per essere davvero pienamente appagati, perché forse l’uno esclude l’altro. L’Elba è prepotente, ha una sua vitalità e una sua forza che cattura e domina, che lascia assuefare e distogliere, rendendo ogni partenza quasi dolorosa. Non per niente la chiamiamo affettuosamente lo Scoglio, e, una volta partiti, ci sentiamo tutti indistintamente polpi attaccati a queste coste, con le nostre ventose, il più forte possibile.
Inizio questa nuova rubrica con la presunzione di cercare di raccontare come è percepita l’isola d’Elba (o addirittura l’Arcipelago) in Italia o all’estero. Gli argomenti saranno vari, così come il punto di osservazione, a seconda dei miei viaggi o di esperienze con persone di fuori.
Partirò dall’elemento base, l’elementare tassello che ci lega agli altri: la nave. Noi elbani abbiamo una percezione molto particolare della nostra isola. Siamo noi, prima di tutto, che ci sentiamo dalla parte “giusta” del canale, mentre tutti gli altri ne sono al di là, sul continente. È difficile spiegare, a chi non è abituato a prenderla abitualmente, che la nave è quasi un’estensione della nostra isola, una peculiarità talmente insita nelle nostre abitudini che la maggior parte di noi, una volta salita a bordo, si sente quasi a casa.
Quindi da questo parte la prima domanda che ricevo da tutti: come riusciamo a sopravvivere all’inquietante realtà della distanza ineluttabile con la terra ferma. Esiste un traghetto, come preferiscono chiamarlo i foresti? quanto tempo ci mette? e la macchina? circolano auto all’Elba?
La nave per gli elbani è un elemento vitale, il porto un luogo abituale, come per un cittadino del continente la stazione ferroviaria, o l’autostrada. Non è però solo un puro mezzo di trasporto, ma rappresenta un elemento di aggregazione sociale con caratteristiche simili a quelle della nostra “piazza”. Accade solamente di rado che un elbano non trovi un amico, o un conoscente a bordo. Le navi della fine settimana sono le più vivaci, cacofoniche e sociali: non mi riferisco ai turisti, ricordo con nostalgia la “mia” nave degli anni dell’università, la domenica alle 17, quando tutti gli studenti e i pendolari si ritrovavano insieme, come a un appuntamento rituale e festoso, per poi dividersi sul porto di Piombino e disperdersi in varie destinazioni. La nave è il nostro “filtro”, con cui ci scuotiamo di dosso l’attaccamento morboso allo Scoglio, ci liberiamo da quel leggero senso di malinconia, alla vista del mare, che rende le nostre partenze sempre un po’ melodrammatiche. Adesso, oltre che di pendolari, le corse della fine settimana sono piene di ragazzi, di squadre sportive, di entusiasmi, gruppi eterogenei per quanto eterogenea è maturata e si è sviluppata l’Elba moderna.
Per questo penso, da elbana che usa le navi spessissimo, e che tiene i loro orari gelosamente custoditi nel portafoglio accanto alle carte di credito e alla patente, che i nostri porti meritino e debbano ricevere la più alta considerazione. Sono convinta che rivestano un’importanza talmente cruciale da essere considerata seconda solo alle nostre case, scuole e luoghi di lavoro. I porti di Portoferraio o di Rio Marina appartengono all’isola d’Elba intera, sono la nostra coscienza e il nostro biglietto da visita, e dovrebbero diventare un luogo in cui vivere in armonia, nel rispetto delle esigenze, comodità, bisogni dei passeggeri, con una continuità tematica e architettonica che rispetti le nostre tradizioni e la nostra storia.
Rispettiamo i nostri porti, curiamone la funzionalità e l’estetica, il decoro e il verde, non diamo l’esclusiva solo alle norme tecniche e commerciali quali realtà e necessità assolute. Solo così ci sentiremo noi stessi, a nostro agio, non solo sulle navi, ma anche mentre ne saliamo e scendiamo, e solo così riusciremo a rispondere senza parole alla perplessità di chi ci viene a visitare, e a convincerli a prendere serenamente e volentieri questo mezzo così familiare che noi chiamiamo … nave e mai traghetto.
Cecilia Pacini