Un recente articolo ha colpito la mia attenzione per la risposta data dai nostri amministratori sul degrado della zona cantieristica di Portoferraio. La risposta in sostanza diceva: ne siamo al corrente, ma non datevi pena, tra un anno o poco più “bonifichiamo” e ricostruiamo secondo il Piano Porti. Nel frattempo convivete con questa situazione e abbiate pazienza.
La mia vita, le mie famiglie, sono, l’una, da una parte del Mediterraneo, l’altra, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. La mia prospettiva di elbana subisce spesso interpretazioni e condizionamenti, presa tra due realtà così diverse. Istintivo perciò fare confronti, se pure azzardati, tra uno stile di vita e l’altro. La mia vita da adulta si è sviluppata nella capitale americana, che è attraversata da un vasto fiume dal mitico nome indiano, il Potomac. Il suo lungofiume ha una delle più affascinanti distese di parco, autostrade e di passeggiate immerse nel verde pubblico, tra barche e marine disseminate sulle due sponde. L’autostrada a diverse corsie, di alto scorrimento, se pure nel mezzo della città, scorre armoniosa tra prati e boschetti, isole, come la Theodore Roosevelt Island, e svincoli complicatissimi. Non incompatibili, scorrono piste ciclabili e pedonali, protette entro piccoli parchi, oppure aperte sul panorama cittadino. Addirittura, in questo disegno urbano ed extra urbano, è inserito l’aeroporto. Questa autostrada-parco ha un nome storico, si chiama la George Washington Memorial Parkway: da uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti.
L’importanza di questa via di comunicazione cittadina americana che è al tempo stesso parco nazionale concilia l’aspetto pratico col benessere e qualità della vita, considerati talmente importanti fin dal suo concepimento che i nomi scelti sono tutti di alta rappresentanza e significato simbolico. Pensando al nostro golfo, come si chiamerà il nostro Waterfront? In America sono stati scelti i nomi di prestigiosi presidenti. Il nostro Piano Porti, già approvato, riuscirà a far convivere attenzione per il paesaggio e per l’ambiente con la tecnologia e le nuove costruzioni? Questa giunta si è adoperata per il restauro di beni architettonici unici nella nostra storia, ultimamente ha messo in cantiere molti progetti imponenti. Un esempio fantastico è il Forte Falcone, o la palazzina dei Mulini, ma ho la sensazione che i più ricorderanno la sua traccia principalmente nei progetti del Waterfront e della Gattaia, che hanno, piano piano, trovato spazio e approvazione, anche se non proprio il consenso cittadino.
Andando ancora più nel dettaglio, la George Washington Memorial Parkway, lunga 40 km, protegge circa 7000 acri di habitat nativo, punti di interesse storico, memoriali e accoglie più di 8 milioni di visitatori l'anno. Concepita già a fine ‘800, fu costruita in stadi tra il 1929 e il 1970, e il progetto fu sponsorizzato nientemeno che dal National Park Service Park Roads and Parkway Program ( http://www.nps.gov/gwmp/index.htm) e ricade sotto la tutela dell’Historic American Buildings Survey/Historical American Engineering Record, una divisione del National Park Service, Il Ministero dell’Interno, insieme al National Preservation Institute. Mette d’accordo tre stati, la Virginia, il Maryland, e il Distretto della Columbia. Una nota interessante: nel parco, nei suoi spazi e strade, non esistono cartelli pubblicitari di nessun genere, solo indicazioni utili, l’illuminazione pubblica è al minimo, e non esistono bidoni della spazzatura, i visitatori trovano al massimo dei sacchi bianchi complementari, che devono riportarsi a casa.
Un altro paragone, anche questo azzardato, ma stimolante, mi viene spontaneo, pensando alla destinazione finale dell’autostrada americana, e, parallelamente, della nostra provinciale: la Parkway arriva fino a Mount Vernon, tenuta originale e storica, diventata museo e icona americana, abitazione del generale Washington. La nostra provinciale, curata e rimessa a nuovo, panoramica e protetta, dovrebbe arrivare fino alle Grotte, sede della Villa Romana, uno dei tre elementi della rada romana, ripresi nella rada medicea, e abbracciare tutto il golfo fino a Magazzini e su per il Volterraio. Entrambe percorrono itinerari “sacri” per la memoria storica del posto dove si trovano, entrambe sono un emblema del nostro passato, una ricchezza del nostro presente. Il paesaggio diventa storia, una strada ad alta percorribilità diventa un bene pubblico e non un semplice mezzo di comunicazione, diventa parco, diventa memoriale, l'incontro tra tecnologia, architettura e archeologia del paesaggio si integrano con i criteri di un parco nazionale.
Siamo pronti anche noi a recepire questi concetti che in America sono stati concepiti e messi in pratica, in questo caso particolare, alla fine del secolo scorso e all’inizio di questo secolo? Siamo pronti ad accogliere 8 milioni di visitatori, togliendo cartelli pubblicitari, insegne esagerate, e cestini della spazzatura?
Cecilia Pacini