Lunedì scorso c’è stata al “risorto” Spazio Alfieri a Firenze la presentazione dell’ultimo libro di Carlo Petrini “Cibo e libertà” presentato da Sergio Staino oltre all’autore e a Tommaso Montanari. Occasione ghiotta per me sia per conoscere un personaggio quale Petrini, sia per l’accostamento del cibo insieme al concetto di libertà.
L’aspettativa è stata pienamente soddisfatta, libro con dedica di Carlo Petrini e invito di venire a presentarlo all’Elba. L’incontro con l’autore è stato a dir poco emozionante, Petrini è l’unico italiano presente tra “le 50 persone che potrebbero salvare il mondo” nell’elenco redatto da The Guardian nel 2008, ad avere una visone, a parlare della centralità del cibo, della sovranità alimentare e di agricoltura di sussistenza. Emozionante perché ci fa uscire dalla “pornografia del cibo come oggetto” per riportarci alla parte del mondo dove non ce né, agli sprechi e al nostro modello di sviluppo. Insomma un discorso politico forte, intenso che in questo libro racconta, attraverso note autobiografiche, il percorso di una cerchia ristretta di sognatori che fondarono nel 1986 Arcigola, della trasformazione successiva in Slow Food, le successive esperienze delle tante comunità di Terra Madre sparse nel mondo, che si riuniscono nell’incontro biennale a Torino. Come tutto questo sta influenzando anche le grandi agenzie della governance mondiale, fino allo storico accordo fra la FAO e Slow Food del 15 maggio 2013.
Questo libro ha il merito di riportare al centro dell’attenzione il valore culturale, ambientale ed economico del cibo e la necessità di sottrarlo al “libero mercato” come merce, proprio perché è alla base della nostra vita sia biologica che culturale. La visione globale che ci propone, ci consente di ridare valore a qualcosa che è stato mercificato e perciò reso disponibile in maniera asimmetrica rispetto ai diritti fondamentali della persona.
“ La “gastronomia della liberazione” deve essere in prima linea nel movimento per il diritto al cibo, il diritto all’acqua e alla salvaguardia alla biodiversità: il cibo potrà renderci liberi se tornerà ad essere il nostro cibo, in tutti i modi esistenti ed immaginabili, secondo le diverse culture e inclinazioni. Perché cibo è libertà.”
I protagonisti di questo libro sono le numerose storie di persone, di comunità, di esperienze fatte in Africa, in Asia e soprattutto in America Latina. Le numerose storie di liberazione dalla fame, dal bisogno, dalle disuguaglianze, dal libero mercato. La storia di persone come Regina (Regina Tchelly De Araujo Freitas) giovane donna brasiliana che sta lasciando il segno nella gastronomia brasiliana con un progetto “Favela Organica”. Sono orti biologici all’interno di alcune favelas che hanno l’ulteriore particolarità di praticare una cucina che utilizza i prodotti in tutte le loro parti, inclusi gli scarti, per provare a incidere sulle abitudini alimentari delle persone e sullo spreco degli alimenti del quale non sono immuni le popolazioni più povere. Quando il cibo è poco la creatività è l’unica via, e il suo talento è proprio quello di saper creare piatti di una bontà stupefacente con pochissime risorse. In un momento di gastronomia dell’eccesso riportare l’attenzione sulla qualità e sul non sprecare è fondamentale nella realtà brasiliana, ma anche in quella europea. Si sta diffondendo in tutto il Brasile un ampio movimento come l’associazione Gastromotiva che forma giovani chef e sostiene progetti di gastronomia sociale in tutto il paese.
L’ultima parte della presentazione Petrini l’ha dedicata alla telefonata ricevuta dal Papa, agli aneddoti che ci ha raccontato della sua famiglia comunista e della scomunica della chiesa del tempo, alla successive lettere. Dalla sorpresa iniziale della telefonata alle attestazioni di stima ricevute per il lavoro svolto e l’importanza, l’incoraggiamento, la necessità di proseguire su questa strada. L’irritualità alla quale ci sta abituando il Papa e i saluti della lettera di risposta ai suoi ringraziamenti: fraternamente Francesco!
Valter Giuliani da http://www.elbataste.com/