All’inizio non sono riuscito a capire subito il perché di quella che definirei come una scossa, un risveglio, un tuffo, una sensazione di dejavou!… Facendo ancora due passi ho continuato a camminare, senza che i miei sensi fornissero una risposta o una spiegazione a tutto ciò. Che strano!! pensai in quell’attimo.. ma è stato respirando di nuovo che sono stato come risucchiato, inghiottito in un tunnel che vorticoso mi ha riportato indietro di oltre trent’anni facendomi rivivere e rivedere cose, persone, immagini e momenti che credevo ormai persi nella memoria.
La risposta è arrivata fulminea e perentoria; era quel profumo…. gli odori di brodo (quello ”vero”, fatto con la carne e non con il dado) e di ragù fatto in casa che dalle finestre delle abitazioni si diffondevano e riempivano, ingolosendola, quella via del centro storico in una domenica mattina di gennaio. Vi sembrerà puerile ma come accadde ad Anton Ego, il critico gastronomico che nel incantevole film d’animazione RATATOUILLE ritorna bambino assaggiando il prelibato piatto di verdure, mi sono ritrovato catapultato in una delle tante domeniche trascorse in campagna dai nonni. “Ed eccomi lì mentre bimbetto scendo dalla macchina e sento lo stesso odore provenire dalla casa di nonno e nonna e attraversando l’aia la mente si trova già davanti alla tavola coperta di strofinacci che nascondono tortelli, e tagliatelle o lasagne messe ad asciugare”. Piovono immagini riaffiorando dalla soffitta dimenticata dei ricordi; vedo le donne di casa intente a riempire la sfoglia con il ripieno e noi bimbi che con la scusa di aiutare ne rubiamo di nascosto un pizzico. Mmh…buona la ricotta fresca con le bietole di nonno!!! ma guai a farsi beccare.:” smettetela con quel ripieno!! Va a finire che non ci basta e poi non mangiate a pranzo!!”. L’attenzione si sposta inevitabilmente verso i fornelli. La pentola del ragù mi fa l’occhiolino ma raggiungerla è un’utopia. ”Non ti avvicinare alla stufa che è calda e pericolosa !”. “ma io voglio vedere!?”, quel profumino mi spalanca lo stomaco. altro che non mangiare a pranzo!“ e va bene, vieni in collo che te la faccio girare a te”. Finalmente!. Il cucchiaione di legno ruotando nel “pentolone” fa assumere alla salsa movimenti morbidi e cremosi interrotti solo dall’affiorare di alcuni fegatini di coniglio e piccole fettine di carne che rifiniscanono il sapore di quella prelibatezza. E’ una calamita!.. mi dispiace cara zia ma a costo di sorbirmi una ramanzina io velocemente mi lecco il mestolo ancora gocciolante. “ahia!! Brucia….”. “Te lo avevo detto, vieni bevi un po’ di acqua di vichy bella fresca” . ”Non piangere che ti preparo una fettina di pane col ragù. Tanto lo so che altrimenti non ci darai pace; però vai fuori a mangiarla che qui abbiamo da fare“.
Eh….la nonna e la nonna!!!. Eccomi fuori, un giro al pollaio a vedere le galline le anatre, i conigli, i piccioni “e il galletto con la cresta lunga dove è finito, nonno?”, “ è in forno insieme alle patate…quelle che abbiamo raccolto domenica scorsa nel campo“. Già!!.. il campo. Una pioggia di istantanee mi attraversano la mente: Il frutteto con le albicocche più buone che abbia mai mangiato, il pozzo dove calavamo il secchio con la corda, le fragole ed i pomodori profumatissimi da raccogliere e portare in casa, i cetrioli da annaffiare per tornare a vedere la sera quanto fossero cresciuti, il grande fico sull’argine del fosso (che marmellate!), le rane nel canneto, gli olivi, l’uva, i profumi, i colori…. “A tavola !”. “Eccoci, abbiamo portato un cesto pieno di frutta e pomodorini per il pane e pomodoro”. ”.. quelli a merenda, ora andate a lavarvi le mani che è già in tavola”. Uhau, tortelli fumanti… mmmh, ancora quel profumo…inspiro passando il naso sul piatto con gli occhi socchiusi, li riapro e….. la via del centro storico era tale e quale a come l’avevo lasciata due istanti prima, due passi prima.
“Sarà senza dubbio un ottima domenica” pensai mentre, di buon umore, mi avviavo alla macchina riflettendo sul fatto che erano altri tempi. Tempi in cui tutto andava diversamente. La generazione dei miei nonni era da pochi anni uscita da una guerra logorante che ne aveva segnato l’esistenza. Una vita passata con fatica a stretto contatto con la natura e da essa erano dipendenti molto più di adesso (basti pensare alla stagionalità dell’agricoltura). Con il boom economico si stava velocemente passando da una società povera, di origine rurale ad un’altra che, con innovazione ed industrializzazione, ci ha condotti vertiginosamente alla situazione economica e sociale attuale fornendoci benessere, stile di vita migliore e “globalizzazione”. Non sta a me giudicare se allora si vivesse meglio o peggio, fatto stà che da anni non mangio più frutta tanto saporita, pomodori così polposi e genuini, non sento più quei profumi e anche il povero galletto dalla cresta lunga era molto più buono dei migliori in commercio attualmente.
Non vi darò la ricetta del ragù di mia nonna. Sarebbe superfluo. Ognuno di noi è condizionato dalle proprie abitudini, dal proprio vissuto personale, dalle proprie radici per cui è buonissimo solo quello di casa propria, fatto di ricordi legato inconsapevolmente ad affetti e gesti “ancestrali”. Vorrei solo ringraziare tutti coloro che ancora cercano di mantenere in vita certe tradizioni ed in particolare la massaia che abita in quella via del centro storico per avermi permesso di rivivere dei momenti di vita che sono testimonianza di una realtà passata ma non così lontana, dandomi la possibilità di portarli nel presente fino a voi. Per cui vi lascio questo piccolo racconto che a parere mio è comunque un ingrediente fondamentale nella ricetta della felicità che si può trovare nelle piccole grandi cose che sono parte e dentro di noi.
Michele Nardi per Valter Giuliani http://www.elbataste.com/