È curioso come esista una specie di “fuso orario” elbano, per chi arrivi da fuori. Lo stordimento del primo impatto, non indifferente, lascia il posto a un lento ma inesorabile adattamento alla diversa percezione dell’ambiente in cui ci si muove, in cui ci si trova ad abitare. Vivere in un paese qualsiasi dell’isola ha in comune la peculiarità del contatto con la natura, immediato, la forza dei colori e la potenza della luce che abbaglia, anche se uno vive in pieno centro. La natura è parte integrante anche dei centri storici, circonda la storia, le tracce e gli strati del nostro passato. Il ritmo stesso della nostra vita elbana, isolana, è diverso da quello della vita cittadina in continente.
Come fai a spiegare che, per esempio, vai al mare, a piedi, in centro? Come si fa a spiegare a qualcuno che non vive all’Elba che cosa significa “fare un giro su per le fortezze”, intendendo Cosmopoli, e mentre attraversi la cittadella medicea, magari, vai al mare, a piedi, in centro, e passi anche davanti a una delle Residenze Napoleoniche? e poi, se hai la fortuna di un ancoraggio a PortoAzzurro, o a Marciana Marina, a Portoferraio, o alla boa a Marina di Campo, o a Rio, controlli anche il tuo barchino all’ormeggio mentre riscendi e prendi il caffè a un bar del lungomare?
Come fai a spiegare che la mattina ti svegli e la prima cosa che fai è accertarti “che vento è”, se per caso non l’hai già capito, ancora prima di aprire la finestra, dall’odore dell’aria, da come ti senti, da come sbatacchiano certe porte? E come si fa a raccontare che, se per caso è scirocco, siamo tutti un po’ con il cerchio alla testa, un po’ in ritardo, scusati, un po’ meteoropatici, un po’ arrabbiati?
In questa Elba sempre più moderna, sempre più tecnologica e sviluppata, il vento, il mare, il sole, le nuvole, il cielo nero, il cielo stellato, l’altezza delle onde, le fasi lunari, le maree, non sono realtà distanti, sono ancora presenze quotidiane. Ho trovato persino le mie “uova” di Pasqua, in una passeggiata marina e cittadina, alle Viste. Uova di sasso, uova di pietra, sassi sulla battigia, che si trasformano di spiaggia in spiaggia: quelle bianche, rosa, verdi, rossastre, di nuovo grigie, hanno tutte le sfumature possibili, in una sequenza precisa, da Sansone a Bagnaia, a Nisporto e Nisportino. Come si fa a far capire che uno ama i propri sassi, letteralmente, senza metafore, nella sequenza cromatica che rispecchia le scogliere e la costa?
Se si riesce, senza spiegazioni, ma con la forza dell’evidenza e la pazienza di attendere un’assuefazione inconscia ma puntuale, a comunicare tutto questo e tanto altro, siamo già a un buon punto, il “trucco” funziona sempre, e il visitatore, l’amico, il turista, non riesce più a recuperare completamente il proprio ritmo continentale, ma è soggiogato, e rimane per sempre legato al fascino dello “Scoglio”.
Cecilia Pacini