Un nostro affezionato lettore ci ha inviato il ritaglio di un articolo pubblicato nel "Monitore d'Etruria" del 6 maggio del 1814, in cui l' inviato speciale all'Isola de l'Elba: Beta de Latorre, illustra la cronaca della visita fatta dall'Imperatore il giorno precedente alle miniere a ferro di Rio. Sicuri di fare cosa gradita la proponiamo ai nostri lettore con la speranza che vengano rintracciate altre cronache dell'inviato speciale ad illustrare alcuni poco noti momenti dei dieci mesi napoleonici elbani.
Rio, 5 maggio 1814 (Dal nostro inviato speciale)
Oggi all'indomani del suo trionfale sbarco a Portoferraio, non pago di conoscere il suo nuovo Regno, instancabile nelle sue fatiche, sfidando gli aspri e perigliosi contrafforti del Volterraio, l'Imperatore accompagnato da un nutrito seguito ha visitato le miniere di Rio. Le male lingue e gli spioni inglesi, prussiani e borbonici parlano di "tirchieria", ma la visita è in effetti la riprova della sua lungimirante genialità nella consapevolezza che le miniere saranno la sua più consistente fonte di reddito a fronte delle grandi spese da sostenere, per mantenere almeno un piccolo esercito e condurre una vita adeguata al suo ruolo, dato che sono tanti i dubbi sui due milioni di franchi che annualmente il governo borbonico di Francia dovrebbe dargli. Del resto i documenti, più o meno riservati, giunti in nostro possesso indicano una rendita attorno a 500.000 franchi per il demanio imperiale elbano, della quale attorno all'80% dovuta alla vendita del minerale di ferro. Alla Piaggia di Rio, in cui erano confluite oltre alle autorità e al notabilato locale, centinaia e centinaia di cavatori e famigliari, non sono mancati momenti di imbarazzo e di tensione. Vuoi per i gigli bianchi, troppo vicini al simbolo dei Borboni, con i quali erano strade infiorite le strade del paese, vuoi per i troppo calorosi omaggi tributati dalle maestranze ad Andrè Pons, già amministratore per conto della Legion d'Onore delle miniere, e sopratutto, vuoi per il rifiuto formulato dallo stesso Pons di versare al nuovo demanio napoleonico i circa 200.000 franchi che giacevano nelle casse della miniera. Del resto l'Imperatore e il Pons si erano già conosciuti durante l'assedio di Tolone del 1793, quando i cannoni del giovane capitano Napoleone Buonaparte erano riusciti a sconfiggere l'assalto della flotta inglese, ma si erano poi deteriorati nel corso degli anni con l'evoluzione imperiale di Napoleone a scapito delle libertà repubblicane alle quale era restato orgogliosamente fedele il Pons. Ci sono voluti in particolare i buoni uffici dell'elbano Ingegnere Giacomo Mellini, Ten. Coll. del Genio Militare, Cav. della Legion d'Onore e sopratutto eroe di Marengo, per riportare le cose nei binari giusti. Il vostro cronista ha avuto la fortuna di essere prossimo all'Imperatore durante il colloquio" fitto fitto" con l'Ing.Mellini, potendo così cogliere ampi brani della conversazione. I due hanno ricordato i fatti di Marengo, la ferita di Mellini e poi quel 5 maggio di nove anni prima quando Napoleone, Imperatore dei Francesi da un anno, nella strada per Milano dove avrebbe cinto anche la Corona d'Italia, aveva radunato nella piana di Marengo la Grande Armata per porre la prima pietra della Piramide che avrebbe dovuto ricordare ai posteri la grande vittoria del 1800.
La costruzione del Monumento era stata affidata al Genio Militare e il Ten.Coll. Ing. Giacomo Mellini era stato nominato Custode dell'Opera. Vennero edificati i primi muri, poi mancarono i finanziamenti e la storia napoleonica lasciò i suoi sentieri di gloria. Erano arrivati i fatti di Spagna, la tragedia russa, la sconfitta di Lipsia, Fontainebleau e l'esilio elbano. I ricordi fra i due erano tanti, ed è parso al vostro cronista che nell'evolversi del colloquio e dei ricordi, l'atteggiamento di Napoleone verso il Pons tendesse gradualmente a mutare verso aspetti più positivi tesi ad apprezzare la coerenza, il rigore e la competenza amministrativa di questo ultimo.
Dopo la visita alle miniere, l'Imperatore, a riprova della sua genialità politica, è salito alla Chiusa di Rio per una visita a Lazzaro Taddei Castelli il patriarca del legittimismo dei principi Ludovisi Boncompagni.
Beta de Latorre
Possiamo aggiungere che i muri della prima Piramide di Marengo voluta da Napoleone e poi abbandonata, vennero smantellati e le pietre utilizzate per le costruzioni dei dintorni. Nel 2009 è stata inaugurata nella piana di Marengo una "nuova Piramide", edificata nel quadro del Marengo Museum della Provincia di Alessandria, nei cui archivi si conservano i documenti che attestano il ruolo avuto da Giacomo Mellini nella edificazione della prima piramide. La Chiusa di Rio è ancora là, nel suo magico isolamento e nel suo triste degrado.