Il PIT è stato adottato con DCR 58/2014 del 4 luglio scorso e pubblicato il 16 luglio, se ne è dibattuto sulle pagine dei giornali e tra addetti ai lavori, il coinvolgimento della comunità toscana, fatte salve alcune specificità locali (vedi le problematiche degli agri marmiferi) non ci sembra sia stato adeguato rispetto anche alla strategicità che la stessa Giunta Regionale ha conferito al PIT in conseguenza del valore del paesaggio quale veicolo di attrazione degli investimenti o più semplicemente dei flussi turistici.
La massa di documentazione prodotta con il PIT ha imposto uno sforzo non secondario di lettura e di interpretazione, anche in relazione alla dispersione di norme di vario ordine (obiettivi, direttive, prescrizioni) in più documenti.
In riferimento al nostro territorio di elezione riteniamo che sarebbe più coerente individuare uno specifico ambito di paesaggio dell’Arcipelago Toscano, tenuto conto della sua individuazione consolidata per merito dell’istituzione del PNAT, della concreta diversità morfologica del paesaggio marittimo. Riteniamo oggettivamente altra cosa il territorio ed il paesaggio delle colline metallifere di cui l’Elba non può essere ridotta a “chiusura visiva”. Rileviamo anche una contraddizione con l’allegato C sistema costiero che ci sembra logicamente individui un sistema dell’arcipelago. Poiché di fatto questa individuazione ha anche una valenza simbolica è evidente che non si può non sottolineare l’assoluta prevalenza logica di questa soluzione e quindi l’individuazione di un ambito ulteriore, il distacco delle isole dal continente.
Essendo l’intero territorio insulare sottoposto a vincolo, questo territorio, unitamente agli altri sotto tutela della regione, si fa carico di “rappresentarla”, di tutelarne il “brand”, avendo in cambio solo un sostanziale appesantimento delle procedure autorizzative degli interventi. Questo, senza dimenticare che, spesso, per interpretazione invero discutibile dei poteri soprintendenziali, si rischia addirittura una precostituita opposizione a qualsivoglia trasformazione, o innovazione .
Si corre dunque il rischio , che facendoci carico di salvaguardare l’immagine della Toscana, di fatto si garantisca ad altre aree, comunque non degradate o brutte, o più semplicemente meno belle, perché la Toscana ha questa fortuna anche per il merito di chi ci ha vissuto e ci vive, che possiamo definire più fortunate perché non sottoposte a tutela, potenzialità di trasformazione e sviluppo che a noi verrebbero negate.
Peraltro si deve segnalare che in relazione alla normativa predisposta di fatto si contraddice l’assunto riportato in relazione circa l’obiettivo di sottrarre la valutazione dei progetti di trasformazione al parere di un funzionario pubblico ancorandolo a regole condivise.
Riteniamo di dover avanzare le seguenti osservazioni.
1. in riferimento alla disciplina di piano
-Riteniamo che l’assenza di una classificazione, per classi di qualità ed integrità, delle diverse porzioni territoriali e di paesaggio, appare in contrasto con il dettato dell’articolo 143 del Codice dei Beni Culturali . Infatti, in conseguenza delle diverse classificazioni si possono derivare diverse possibilità/classi d’intervento ammissibile da dettagliare con l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, come nella fase transitoria in attesa di pervenire a questi adeguamenti. Allo stato attuale invece si affida un potere illimitato alle soprintendenze da una parte per i progetti edilizi, alla conferenza Regione – Soprintendenza per i piani attuativi dall’altra.
. Riteniamo sia giusto stabilire, da subito, con una specifica norma che vada oltre l’allegato I del DPR 139/2010 – regolamento recante procedimento semplificato per l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità a norma dell’articolo 146 comma 9 del Dlgs 42/2004 - una casistica di interventi di piccola entità (apertura/chiusura porte o finestre, realizzazione impianti tecnologici, realizzazione di pergolati o gazebo a servizio si singole abitazioni o strutture ricettive) da realizzarsi in edifici non ricompresi nei centri storici, ovvero in altre aree (compromesse o degradate) ben individuate, da poter realizzare senza ricorso al parere paesaggistico. Questo per evitare oneri temporali e finanziari che, altrimenti, o scoraggiano la realizzazione degli interventi, o finiscono per favorire un “fai da te” scarsamente controllabile.
-Si ritiene sia giusto stabilire una stretta connessione tra le previsioni e prescrizioni di tutela dello spazio rurale con incentivazioni funzionali alla nascita di nuove aziende capaci di garantire i rifornimenti del mercato interno insulare con evidente beneficio ambientale conseguente alla riduzione della mobilità per l’attività distributiva.
.Si ritiene necessario specificare percorsi semplificati (se del caso anche sostegni finanziari) per l’adozione dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali tenuto conto delle scarse risorse degli enti locali, della necessità di una rapida entrata in vigore del piano in relazione agli obiettivi del medesimo, ma anche e soprattutto in relazione alle esigenze delle aziende insediate nei territori sottoposti a vincolo, aziende che non possono aspettare i tempi, a volte spesso lunghi, di redazione ed approvazione dei piani .
2. in riferimento a specifiche disposizioni di cui alla scheda dell’ambito 16 Colline Metallifere ed alle schede normative relative ai singoli territori comunali sottoposti a vincolo.
definizione di uno specifico ambito “arcipelago toscano” diverso da quello delle colline metallifere. Si ritiene errato aver accorpato l’isola d’Elba alle colline metallifere. Non rilevando una genesi storica di questa scelta, sussistendo solo limitate caratteristiche geomorfologiche comuni, sottolineando l’assenza di una considerazione e valutazione dell’elemento dominante il paesaggio insulare: il mare.
(DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE ROSSI A PIOMBINO/ESTATE 2013 – “Vorrei che la Toscana fosse la prima Regione ad approvare il Piano paesaggistico. Se non lo facciamo noi, chi dovrebbe farlo? Qui da noi esiste una rendita sana, costruita dal lavoro di secoli: è il nostro paesaggio. Si tratta di una rendita da non distruggere perché sarebbe impossibile ricostruirla”.. “O esiste un cambiamento culturale – ha però ammonito Rossi – o il grande lavoro che abbiamo fatto, per il quale ringrazio gli assessori e gli uffici regionali, non sarà utilizzato adeguatamente. Deve essere invece l’occasione perché la Toscana rifletta su se stessa, sul suo sviluppo e sul suo destino”.)
“Che il PIT non equivalga ad un aumento della burocrazia” .
Il nuovo piano è caratterizzato da un rinnovato e approfondito studio, volto soprattutto a riconoscere le matrici generative storiche del paesaggio toscano, e da un nuovo supporto cartografico che insieme costituiscono un quadro conoscitivo rafforzato, principale elemento di valore aggiunto della proposta che la Giunta ha sottoposto al Consiglio regionale.
Tuttavia alcuni aspetti del Piano destano perplessità. Se da una parte nelle premesse si afferma che sono proprio le sinergie tra paesaggi ereditati dalle generazioni passate e nuovi investimenti sul territorio che rappresentano la chiave decisiva per il futuro del paesaggio toscano e del benessere della regione, l'approccio poi in concreto appare concentrato esclusivamente sugli aspetti di tutela dei paesaggi ereditati e scarsamente propenso al governo dei nuovi investimenti e più in generale delle sfide future che ci attendono. Un approccio che mal si presta, a nostro giudizio, a governare una realtà dinamica qual'è il territorio e a ricucire la “frattura” nel rapporto tra uomo e territorio che i profondi cambiamenti sociali ed economici dell'epoca del benessere di massa ci hanno lasciato in eredità.
Vogliamo soffermarsi su un altro aspetto dove il desta le maggiori preoccupazioni per i suoi effetti.
E' nota a tutti la necessità di un'opera di razionalizzazione dei vincoli paesaggistici che ricadono sulla gran parte dei nostri territori e di semplificazione delle procedure burocratiche per la loro gestione che, come sappiamo, sono alquanto complesse e comportano, nei fatti, 8-10 mesi per ottenere il rilascio del provvedimento specifico a cui poi si aggiungono le normali procedure di rilascio dei titoli edilizi. E' sconcertante ricordare che, nella gran parte dei casi, tutto ciò accade per opere insignificanti come per esempio allargare una finestra in un capannone di un'area industriale...!
Il Codice dei Beni Culturali prevede la possibilità di una grande semplificazione in quest'ambito a seguito dell'adozione, da parte di una Regione, del proprio Piano Paesaggistico. Una razionalizzazione e semplificazione del sistema autorizzativo che la proposta toscana attualmente in discussione non coglie e che, nella logica del Codice, è consentita da un approfondimento nella conoscenza del territorio condotta in sede di Piano Paesaggistico che può portare ad una miglior definizione delle tutele e al superamento dell'approssimazione di alcuni vincoli apposti negli anni passati con condivisibile logica emergenziale, ma senza il supporto di una valutazione di merito dei singoli luoghi.
Occorre infatti ricordare che per le aree tutelate per ope legis è consentito, qualora il piano paesaggistico approvato lo preveda, che l'accertamento della conformità degli interventi alle tutela del paesaggio, avvenga nell'ambito del procedimento edilizio “ordinario”. Si eviterebbe pertanto la lunghissima procedura dell'autorizzazione paesaggistica, riportando nell'ambito di un'unica procedura di valutazione gli aspetti specifici riguardanti la tutela del paesaggio. Queste aree costituiscono circa la metà del territorio toscano. Declinare nel piano paesaggistico questa opportunità offerta dal Codice consentirebbe un ingente semplificazione del sistema autorizzativo.
Il Piano , come gà detto , inoltre è carente riguardo all'individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate per le quali il Codice non richiede il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in caso si interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione, evitando di cogliere così un'ulteriore semplificazione procedurale a fronte di un' attenta lettura del territorio.
Di fronte a queste occasioni perse, sappiamo invece con certezza che per effetto dell'art 145 del Codice dei Beni Culturali, con l'approvazione del Piano Paesaggistico anche gli strumenti urbanistici comunali dovranno essere in una certa misura “copianificati” con le soprintendenze, le cui strutture già oggi faticano ed accumulano ingenti ritardi nello svolgimento dell'ordinaria attività in materia di paesaggio.
Non vogliamo che il sistema si avvii ancora una volta verso una stagione di ulteriore appesantimento burocratico e di scarsa efficienza nella gestione della tutela paesaggistica, incurante delle istanze di semplificazione che provengono da tutta la società civile e dell'evidenza che procedure tanto complesse vanno a scapito anzitutto della diffusione e condivisione di una corretta cultura della tutela .
Partito Democratico Elbano