L’intervento di Paolo Carrozza su Il Tirreno sulle province ha il merito di ricordarci innanzitutto che non è vero che si tratta di una decisione scontata presa solo con grave ritardo. Ci ricorda pure che avere dato ragione alla campagna demagogica antispreco alla Di Pietro non ci aiuterà a mettere in rete e in filiera i compiti per un nuovo governo del territorio ‘quasi federale’ fissato in Costituzione dal 2001.
Rovistare nelle carte dei vecchi archivi per scoprire chi ha più titoli per rivendicare oggi chissà quali ruoli è ridicolo e sconfortante al tempo stesso se si tiene conto che per uscirne alla meno peggio occorrerà un impegno istituzionale di Roma, delle regioni e degli enti locali che al momento non pare davvero dare il meglio di sé.
Se sugli gli accorpamenti circolano le ipotesi più varie ed anche strambe non sembra che al momento –fa bene Carrozza a ricordarlo- si stia valutando cosa significherà la stessa operazione per prefetture, questure, camere di commercio etc. Ci si è dimenticati che i casi in cui si ricorse alla istituzione di nuove province specie in Sardegna e assai meno altrove una delle ragioni fu proprio quella che comportava la istituzione anche di strutture e uffici dello stato e non solo. Ora si dovrà procedere in senso contrario. Deve far riflettere inoltre e molto criticamente il fatto che nel momento in cui si è costretti a rispondere agli strani criteri fissati per dimezzare le province anche in realtà come la Toscana non si sia finora riusciti a far emergere i collanti che possono configurare ambiti territoriali non cervellotici ma il più possibile vicini a dimensioni di governo di area vasta che neppure il PIT era riuscito a delineare al meglio e che proprio per questo doveva e deve essere rivisto. Sono finito fuori tema? Non credo. Fuori tema mi sembrano le trovate sulla Corsica che è meglio di Grosseto mentre magari si chiede per l’Elba una legge speciale e altre amenità su Pisa e Livorno che daranno lavoro al Vernacoliere ma poco aiuto a gestire il territorio.
Renzo Moschini