L’anno si chiude all’insegna della sfida ambientale. Su questo non sembrano esserci dubbi e non solo nel nostro paese.
Non altrettanto chiaro è cosa implica per la politica e le istituzioni questa svolta non più rimandabile. E’ sempre più ricorrente ad esempio anche nelle polemiche e commenti che stanno accompagnando anche alcune recenti decisioni del patto di stabilità l’insistenza sul loro carattere antiburocratico. Insomma finalmente avremmo imboccato la strada giusta sbloccando dopo anni la paralizzante opera di una burocrazia che ha impedito l’attuazione addirittura di migliaia di programmi pur finanziati. Il dissesto idrogeologico come il consumo del suolo, le vicende di Pompei come quelle dell’Ilva è lì che gira gira troverebbero la loro origine che ora però ha trovato sia pure con ritardo il suo castigamatti. Basta con la mania dei controlli, del timbri, delle autorizzazioni che non arrivano mai, meglio pochi commissari e in qualche caso anche qualche ritocco alle leggi che sbroglino le cose. I primi chiari segnali di cosa significhi manfrina antiburocratica l’abbiamo visto già con il nuovo titolo V che ha rimesso in sella alla grande il centralismo statalistico e ridimensionato nettamente le regioni ma solo quelle a statuto ordinario. Sbaraccate le province i comuni dipendono sempre più da Roma e da un accentramento regionale questo si di carattere burocratico.
In soldoni questo significa che alla micidiale sfida ambientale noi ci presentiamo con un’allerta politico che sta facendo venir sempre meno quella pari dignità istituzionale che è la condizione costituzionale per un governo efficace del paese.
Nessuno finora sembra essersi preso la briga però di dire e dimostrare ad esempio come la burocrazia abbia bloccato i piani di bacino quali e come ma soprattutto cosa abbiano fatto le autorità previste dalla legge che non sono affidate alla burocrazia ma al governo e ai ministeri. Chi ha preparato e approvato le leggi che in un unico articolo hanno ficcato centinaia di norme che come ha documentato un recente libro risultano incomprensibili anche agli esperti. Lì covano e alla grande i tarli ma sono politici.
Quale burocrazia ha commissariato per anni i parchi nazionali e impedito loro di predisporre i piani di gestione mentre le risorse sono risultate sempre più miserabili salvo il recente finanziamento previsto per legge che non risulta sia stato deciso tuttavia da una burocrazia pentita. Ed è colpa della burocrazia se tutto il dibattito ambientale almeno finora non sembra riuscire ad andare al di là della greeneconomy come se le politiche ambientali riguardassero e dipendessero unicamente dall’economia e non dall’art 9 della Costituzione.
Forse qualche predicozzo compiaciuto in meno contro la burocrazia e qualche proposta di politica ambientale in più che finora non abbiamo visto aiuterebbe anche al dopo Parigi.
Renzo Moschini