Il dibattito al senato sulla legge di modifica della 394 sta entrando in una fase in cui è bene avere chiaro cosa si profila rischi inclusi.
Forse è bene ricordare che il primo testo del 2001 -che chiamare proposta di legge è uno sproposito- prevedeva la cancellazione della norma che stabilisce che nei brevi tratti di costa prospicenti alle regioni si possono istituire aree protette marine regionali. La cancellazione della norma avrebbe tagliato fuori le regioni da qualsiasi competenza traslocando armi e bagagli al ministero.
Va detto però che non si trattava di una norma cervellotica dell’ultima ora -resa ancor più cervellotica dal fatto che la si sfoderava nel ventennale della legge quadro.
Già molti anni prima il ministro Ronchi sostenne che la legge quadro prevedeva che i le aree protette marine se confinanti con un parco dovevano essere affidate alla sua gestione ma questo riguardava solo i parchi nazionali. Era una balla come poi dichiarò la Corte dei conti ma lui nel caso del parco di Portofino regionale non gli affidò l’area marina protetta per assegnarla ad un Consorzio di enti locali. Insomma una gestione separata senza senso che contrastava clamorosamente con quelle politiche di integrazione terra-mare che anche la Comunità europea aveva intrapreso.
D’Alì insomma aveva ripescato nel cestino delle cose da buttare l’abrogazione della norma così da evitare storie e opposizioni.
Ora che -5 anni dopo- disponiamo di un testo di legge definibile tale andiamo a vedere che fine hanno fatto le aree protette marine.
Renzo Moschini