Che il porto di Marciana Marina andasse riqualificato in termini di razionalizzazione e di introduzione di servizi adeguati, non vi erano, e non vi sono, dubbi da parte di nessuno: ma così no, è un vero e proprio calcolato scempio.
Infatti, il gioco finalmente è ufficiale e chiaro, grazie ad una intervista rilasciata dal Sindaco Ciumei ad un giornale locale, facendo uscire le ipotesi che già circolavano in paese dal limbo delle illazioni: un soggetto privato (del quale non è difficile indovinare l’identità), a fronte di un ingente investimento, costruirà e gestirà, da solo, tutto il nuovo porto marinese.
Quindi, una vera e propria irresponsabile ed infondata mistificazione la lettura implicitamente “sociale” che Ciumei fornisce, sulla stampa, dell’approvazione del Piano Regolatore Portuale di Marciana Marina, da parte sua e dei suoi fidi scudieri, Francesco Lupi e Guido Citti, di fronte ad una platea allibita e ad una minoranza che, invano, ha cercato di prospettare i rischi del progetto presentato.
A fronte della necessità del soggetto privato non solo di rientrare in tempi utili del proprio investimento ma anche di trarre ovvio profitto dal nuovo “super parcheggio nautico”, cosa si pretende che conti la progettata rovina paesaggistica conseguente ad una colata di cemento di più di 3.000 metri quadrati, sì proprio 3.000 metri quadrati, proprio nel bel mezzo della più bella rada dell’Isola d’Elba, senza contare le previste edificazioni sulle stesse opere a mare, con grande ed evidente gioia degli aspiranti cementieri e dei tecnici che avranno il compito di seguire la realizzazione.
Una colata enorme di cemento che rappresenta uno spropositato, e sostanzialmente inutile, prezzo ambientale e paesaggistico da pagare ad una esagerata sicurezza meteomarina, che a questo punto suona come un alibi, senza neanche avere dimostrato le ricadute sulla costa marinese, già pesantemente toccata dai precedenti interventi portuali.
Quale lettura “sociale” può proporre, oggi, Ciumei dopo che, in Consiglio Comunale e nei fatti, ha deliberatamente respinto, avallato dagli inflessibili progettisti, tutte, ma proprio tutte, le fondate, e spesso accorate, istanze espresse dai cittadini marinesi nel corso di 2 affollatissime assemblee pubbliche, o le testimonianze dei vissuti timori della gente di mare, la vera gente di mare e non di scrivania, degli operatori della nautica, delle categorie economiche?
Cosa si può pretendere che conti il parere dei cittadini per il soggetto investitore?
Quale lettura “sociale” può mai essere proposta della deliberata volontà di Ciumei, Citti e Lupi di spazzare via, senza fornire da subito una prospettiva alternativa, la diffusa piccola economia che, da sempre, gira intorno alla nautica da diporto e costituisce elemento di sussistenza per molte famiglie?
Cosa si può pretendere che tutto ciò, a maggior ragione, conti per un soggetto investitore che abbia l’assoluta necessità di trarre profitto da tutto e da tutte le attività?
Si può pretendere che lo stesso soggetto si ponga il problema della “posidonia” e della “pinna nobilis”, o della erosione della spiaggia, che, anzi, potrebbe rivelarsi gradita fonte di ulteriori attività e di ulteriore reddito?
Illazioni? Me lo auguro caldamente, ma le regole dell’economia non consentono sogni.
Una domanda, in ogni caso, è d’obbligo: Ciumei, Lupi e Citti, se non la loro gente, chi credono di dover rappresentare, alla fine?
Paolo Di Pirro