Oramai è sempre più frequente leggere su giornali e blog, ed ascoltare dalle persone, appelli, a volte anche rabbiosi, agli elbani ed a se stessi, di unirsi per far sentire finalmente la propria voce, di vedere riconosciuta la propria specificità insulare, di far valere i propri diritti.
Appelli del tutto trasversali, culturalmente e politicamente, ed a volte tanto accalorati da spingersi addirittura verso inattuabili desideri di indipendenza.
A ben osservare questi stessi appelli non sembrano nascere da una consapevolezza, se mi si concede l’enfatizzazione, di “nazione”, quanto piuttosto da una reazione umorale a tutta quella serie, oramai quasi quotidiana, di gravi disservizi e di disattenzioni politiche ed economiche di cui l’Elba è oggettivamente vittima : vittima oltremodo tollerante, tanto da spingermi a proporre, in un mio precedente articolo, un “monumento alla tolleranza elbana”.
Bene, allora, uniamoci ed uniamo le nostre forze : ma che vuol dire, e come ?
L’Elba conta circa 30.000 abitanti e 8 piccoli Comuni: a pensarci bene la situazione sembra ricondurre più ad una Italia dei feudi, dei borghi e delle città-campanile, piuttosto che ad una Italia in Europa ed in un mercato globale, come altri autorevoli giornali nazionali hanno già commentato: questo è un primo elemento oggettivo della situazione.
A fronte di ciò, un secondo elemento oggettivo è la drastica cura dimagrante imposta alla finanza locale (o, usando il termine oggi di moda, la “spending review”) che costringe, e costringerà sempre di più, i Comuni ad ottimizzare i servizi comunali e sociali, con il rischio di dover aumentare, forse anche a livelli insostenibili, tasse ed imposte di propria competenza : appare evidente che tale rischio sarà sentito maggiormante dai piccoli e piccolissimi Comuni che hanno minori possibilità di manovre socioeconomiche e finanziarie.
Nelle programmazioni territoriali e socio-economiche, viene consigliato, da tempo, un approccio basato sui “bacini di utenza” e sul raggiungimento di adeguate “masse economiche sostenibili”, in modo da ottimizzare redditività delle iniziative economiche, risparmi nelle gestioni, sussistenza –nel pubblico- di sevizi sociali a livelli adeguati, credibile potere contrattuale di mercato o di rappresentatività nei tavoli di programmazione, migliore accesso al credito potendo più facilmente raggiungere un “rating” finanziario sostenibile.
Ebbene, oggi, tale approccio cessa di essere solo una mera linea di pensiero per diventare con forza una imposizione dettata dal mutato quadro legislativo e finanziario di interesse della Pubblica Amministrazione Locale: “piccolo” non è più “bello”, da questo punto di vista, anzi.
Si dirà, ancora, che non esiste un solo modo per raggiungere, almeno in parte, questo risultato, potendo contare su strumenti quali le gestioni associate e le sinergie tra Comuni : una sorta di “Comune unico virtuale” mantenendo i Comuni “fisici” reali.
Per carità, nessuna obiezione sulle gestioni associate, ma come si può seriamente e responsabilmente pensare alle sinergie tra Comuni dopo il pluriennale e litigioso fallimento, all’Elba, di tutti i tipi di Associazioni, Unioni, Conferenze, Comunità e quanto altro ancora ?
Da questi punti di vista il Comune Unico cessa di essere una opinione od il frutto di un esercizio filosofico : è semplicemente una essenziale necessità senza alternative strutturali e, soprattutto, senza colore politico.
Allora, perché tutta questa resistenza da parte di un fronte del “NO” in uno scenario incontestabile ?
Le resistenze e le argomentazioni del fronte del NO, almeno quelle a me note, in realtà sorprendono perché appaiono spesso acritiche posizioni di principio, piuttosto che aspetti concreti su cui volentieri confrontarsi per trovare correttivi al progetto di Comune unico.
Che senso ha, altrimenti, la confusione tra “senso di appartenenza a una comunità” (paventandone la distruzione) ed istituzione di un Comune unico, mettendo sullo stesso piano un aspetto culturale ed un aspetto meramente amministrativo ?
Leggo che, addirittura, si paventa la perdita irreparabile ed automatica di tradizioni locali (peraltro più che trascurate oggi dalle singole Amministrazioni comunali, tranne rarissime eccezioni) per il semplice fatto di costituire un Comune unico : cosa dovrebbero obiettare, al proposito, le Contrade di Siena (Comune unico, se non erro) od i Rioni di Roma (idem) oppure gli infiniti Palii, Fiere e manifestazioni culturali rionali di cui sono ricchi i Comuni “unici” italiani ?
I Comuni elbani diventerebbero “periferia” di Portoferraio ovvero sussisterebbe il rischio di duplicazione delle denominazioni viarie ? Cerchiamo di essere seri almeno di fronte a problemi molto più seri.....
Non sembra avere alcun senso, poi, strumentalizzare la “necessità della vicinanza di un cittadino alla politica, alla vita politica del proprio paese” , allorché si tratta molto spesso, siamo sinceri, solo della furbesca speranza di clientelare favore da parte del Sindaco o di chi altro della singola Amministrazione. In ben altro modo si può assicurare una reale “vicinanza” : essere migliore, più efficiente, più attento interprete e, soprattutto, attuatore delle esigenze di servizio di tutti i cittadini, con ciò tornando alle osservazioni sulla “spending review”. In alternativa, servirebbe a qualcosa essere “vicini” ed inefficaci od inadempienti ?
Il Comune unico dovrà certamente impegnarsi ad assicurare un presidio funzionale territoriale almeno pari a quello oggi offerto dai singoli Comuni (e ci vorrà veramente poco...) ma, al proposito, non si può ignorare che l’evoluzione dei servizi e delle tecnologie odierne rende comunque possibile che siano servizi e relativi prodotti ad andare efficacemente incontro ai cittadini (a casa del cittadino) e non il viceversa (il cittadino in giro affannoso per stanze ed uffici).
Molti “servizi a casa”, in una Elba digitale, sono assolutamente possibili ma richiedono anch’essi sinergia, organizzazione ed investimenti unificati e, in ogni caso, sarebbero fonte di significativa occupazione.
Sempre meno capisco le ragioni del NO, ma riconosco anche che ancora molto occorre fare per il SI: basterebbe lavorare tutti insieme (intendo i due fronti) per un progetto elbano congiunto, condiviso e partecipato, e senza paternità.
Paolo Di Pirro