Caro direttore,
si fa un gran parlare, in questi giorni, di Rom da cacciare (speriamo senza cani e doppiette) e di solidarietà al nostro povero Sindaco, a cui non gliene lasciano fare una buona.
Voleva cacciare (quelli sì coi cani e le doppiette) i cinghiali attorno a casa sua, e anche quella storia non ha funzionato. Chissà, forse anche le strisce in terra avrebbe voluto pitturarle a tempo debito, ma qualcuno deve esserci messo in mezzo e così nemmeno quello gli hanno lasciato fare per bene.
Forse a Natale, quando rimetterà le luminare (valide fino a Pasqua) l’asfalto delle nostre strade brillerà dappertutto di bianche strisce di attraversamento. Ma torniamo ai Rom, che insieme ai Sinti e ai Camminanti sono presenti sul nostro territorio più o meno da sette secoli e condividono la stessa lingua, il romanì.
Il 2 Agosto, un paio di settimane fa, in Europa (ma qui siamo in Europa?) si celebrava la giornata internazionale dedicata al contributo di sangue (cinquecentomila morti) pagato nei campi di concentramento nazisti da queste popolazioni di migranti, partiti dall’India intorno all’anno mille ed approdati sulle nostre coste pare soprattutto intorno alla fine del Trecento, dopo la catastrofica battaglia della Piana dei Merli, una zona del Kossovo, terra ancor oggi assai poco tranquilla.
Erano, val la pena ricordarlo, cristiani che fuggivano dall’invasione delle schiere ottomane, islamiche, erano migranti che fuggivano dalla guerra. In tempi come questi, mentre stiamo vivendo l’inizio di un’epocale migrazione che, secondo gli esperti, è destinata a durare per molti decenni, riflettere su come quasi ovunque queste culture non si siano positivamente integrate, esaminare i contesti storici in cui in vario modo si è venuta formando, per adattamento dinamico, la figura dello “zingaro”, mitica e ad un tempo esecrabile, sarebbe, credo, un’operazione utilissima per indirizzare diversamente i nostri sforzi, anziché rinverdire ad ogni occasione la mentalità del pogrom.
Ma, si sa, trovare un nemico comune, possibilmente indifeso e poco energico, è una bella valvola di sfogo e rinforza lo spirito di squadra. Vogliamo anche ricordarci che, alla faccia di noi tutti che ci professiamo laici e libertari, è stata soprattutto la Chiesa Cattolica a compiere nei confronti di questa minoranza (in Italia, pare, circa 160000 persone, di cui il 70% di cittadinanza italiana) qualche intervento di tipo strutturale, come la redazione di un vocabolario della lingua romanì e la creazione di un organismo dedicato ai rapporti con queste culture, l’Opera Nomadi?
E se cocciutamente ci ostiniamo a pensare che gli “zingari”, però, sono brutti, sporchi e cattivi, teniamo conto che sono “zingari” non solo gli Orfei e i Togni e gran parte dei circensi e giostrai che allietano le nostre festività, ma anche calciatori famosi come Pirlo e Ibrahimovic , che erano “zingari” attori come Charlie Chaplin, Yul Brinner, Rita Hayworth, aveva puro sangue Sinti Elvis Presley ed è “zingaro” anche Antonio Banderas, il magico pasticciere del Mulino Bianco.
Maurizio Tavanti