Le proposte di modifica della Costituzione contenute nella legge che sarà sottoposta a referendum, a mio avviso, non danno una risposta adeguata alle sfide che il mondo globalizzato con le sue crescenti disuguaglianze ci presenta.
Sono proposte indirizzate, secondo me, a un rafforzamento del potere centrale e a un indebolimento dei diritti dei cittadini e per questo vanno in una direzione sbagliata rispetto alle soluzioni che le istituzioni democratiche dovrebbero porre a fondamento di un necessario e improrogabile aggiornamento della Costituzione.
Avrei qualche argomento da spendere per sostenere questa mia opinione ma credo che essi avrebbero poco ascolto in chi ha deciso di votare SI così come anch’io non riesco ad immaginare considerazioni tali da non farmi votare NO. Vorrei allora limitarmi ad alcune considerazioni pratiche sugli effetti che la riforma costituzionale avrebbe sul nostro sistema istituzionale per sostenere che comunque si consideri questa proposta di modifica della Costituzione e al di là delle intenzioni di chi l’ ha votata, invece che semplificazione, rapidità ed efficienza avremmo un gran caos perché il sistema che viene delineato dalla riforma è destinato a non funzionare.
Mi spiego. Mettiamo che il 4 dicembre il SI vinca il referendum e vengano cambiati 43 articoli della Costituzione. Mettiamo che dopo finisca la legislatura, si sciolgano le camere e si vada a votare con l’attuale legge elettorale: quell’Italicum che per il Premier è “una ottima legge che presto in Europa molti ci copieranno”.
Voteremmo quindi per l’elezione della Camera dei Deputati. Secondo gli attuali sondaggi vincerebbero PD e M5S ma nessuno dei due raggiungerebbe il 40% dei suffragi. Si procederebbe allora al ballottaggio che, sempre secondo gli attuali sondaggi, vedrebbe la vittoria del M5S come avvenuto in tutti i ballottaggi delle ultime elezioni amministrative. In questo caso il M5S otterrebbe il premio di maggioranza e formerebbe il governo. Per il rinnovo del Senato non saremmo invece chiamati a votare e la composizione di questa assemblea verrebbe definita in base all’ art. 39 della nuova Costituzione riformata che stabilisce che
“nei Consigli Regionali e della provincia autonoma di Trento ogni consigliere può votare per una sola lista di candidati formata da consiglieri e sindaci dei rispettivi territori. Al fine della assegnazione dei seggi a ciascuna lista di candidati si divide il numero dei voti espressi per il numero dei seggi attribuiti e si ottiene il quoziente elettorale. Si divide poi tale quoziente per il numero dei voti espressi in favore di ciascuna lista di candidati. I seggi sono assegnati a ciascuna lista di candidati in numero pari ai quozienti interi ottenuti, secondo l’ordine di presentazione nella lista dei candidati medesimi e i seggi residui sono assegnati alle liste che hanno conseguito il maggior numero di resti; a parità di resti il seggio è assegnato alla lista che non ha ottenuto seggi o in mancanza quella che ha ottenuto il numero minore di seggi. Per la lista che ha ottenuto il maggior numero di voti può essere esercitata l’opzione per l’elezione di un sindaco o in alternativa di un consigliere nell’ambito dei seggi spettanti”. Ehhhhhh ? Qualcuno ci ha capito qualcosa?
Sarebbe questa la semplificazione? “Ma mi faccia il piacere !!!” direbbe Totò. L’unica cosa che si capisce è che i senatori verranno scelti dai consigli regionali. Allo stato attuale delle 18 regioni italiane : 15 sono a maggioranza PD, 2 Lega Nord, 1 Forza Italia, nessuna è amministrata dal M5S. La composizione del nuovo Senato verrebbe comunque definita da questi rapporti di forza. Il risultato finale sarebbe un assetto istituzionale schizofrenico: il M5S sarebbe al governo da solo, avrebbe la maggioranza assoluta alla Camera ma non sarebbe praticamente rappresentato al Senato. Tutte le altre forze politiche sarebbero all’opposizione, minoranze alla Camera e padrone assolute al Senato.
Ai sensi dell’art 70 della nuova Costituzione riformata:
“ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che entro dieci giorni su richiesta di un terzo dei suoi componenti può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva.”.
Siccome le forze di opposizione avrebbero al Senato non un terzo dei componenti bensì la maggioranza assoluta, esse potrebbero esaminare e proporre modifiche del 90% delle leggi, non nello spirito di una leale collaborazione ma in quello di un accanito ostruzionismo alla faccia del superamento del bicameralismo paritario. Per il restante 10% delle leggi, quelle previste dal comma 1 dell’art 70 della nuova Costituzione riformata andrebbe ancora peggio. Si tratta delle leggi “di revisione della costituzione, i referendum popolari e le altre forme di consultazione, le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei comuni e della città metropolitane, le leggi che stabiliscono le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’unione europea”.
Tanta roba insomma. Ebbene per tutte queste leggi rimane l’approvazione dei due rami del Parlamento. Ma se Camera e Senato, espressione di maggioranze diverse non si trovassero d’accordo che succederebbe ? I presidenti delle due camere dovrebbero mettersi d’accordo recita sempre lo stesso articolo 70. Ma se i due presidenti fossero Grillo e Renzi chi potrebbe mai metterli d’accordo ? Quelli sono in disaccordo su tutto, a prescindere, come diceva Totò. Dovremmo rassegnarci allo spettacolo quotidiano di un litigio in streaming come quello tra Grillo e Bersani dopo le elezioni ? E questa sarebbe la riforma che assicura semplificazione, rapidità ed efficienza ? Alla faccia del bicarbonato di sodio !!! Concluderebbe Totò.
Alberto De Fusco
Ex- Sindaco di Marciana Marina
PS.: Il riferimento a Totò è casuale, serve solo a prendere in prestito un po’ di ironia per sdrammatizzare un confronto dai toni troppo spesso sopra le righe. Totò è morto e nessuno può dire come avrebbe votato in questo referendum. Le iscrizioni postume dei padri costituenti, di Moro o di Berlinguer alla lista dei sostenitori del SI o del NO sono buffonate.. e “queste buffonate – ammonisce Totò nella sua poesia più famosa, a nome di tutti coloro che sono stati arruolati post-mortem – lasciamole ‘a viventi; nu simmo seri, appartenimmo ‘a morte”.