L’intervento di Nedo Volpini a favore del No alla riforma della Costituzione merita alcune risposte e precisazioni.
Nel 1947, quando l’Assemblea costituente lavorò e approvò la legge fondamentale per la costruzione di un nuovo Stato democratico, si viveva una fase storica del nostro Paese ben diversa dalla attuale. Il clima politico, dopo anni di unità tra i maggiori partiti politici nella Resistenza e nella guerra di liberazione al fascismo, era ben diverso. C’era una forte disponibilità di tutti al dialogo, alla accettazione di reciproche concessioni o alla ricerca di onorevoli compromessi nella scrittura della Costituzione. Oggi la realtà politica è tutt’altra, purtroppo. Come si può pensare di trovare intese su cui convergano Lega Nord e Sinistra italiana-SEL, Forza Italia e Movimento 5 Stelle?
Il Governo non doveva interessarsi della Riforma? Dove è scritto; che cosa lo impedisce, la Costituzione? Non ci risulta. I Governi Letta e Renzi sono stati incaricati dal Presidente della Repubblica di portare in porto la riforma. A tale scopo Letta nominò una apposita Commissione di esperti. Invitiamo Volpini a leggersi il discorso del Presidente Napolitano al momento della sua rielezione. Minacciò di dimettersi se il Governo avesse trovato ostacoli per portare in porto quelle necessarie modifiche della Costituzione, di cui si è discusso inutilmente da oltre trent’anni!
Secondo l’amico Volpini Il Governo, per sostenere il suo progetto di riforma, avrebbe ridotto al minimo l’attività legislativa. Dimentica che il Parlamento ha approvato, tra le altre, la legge di delega al Governo per riformare e disciplinare il Terzo settore;le leggi per le unioni civili; quelle a favore dei disabili gravi (la “dopo di noi”) e degli autistici e sulla lotta al caporalato in agricoltura. Alcuni giorni or sono la Camera ha licenziato la legge per la tutela dei minori stranieri soli. Si tratta di una produzione legislativa che affronta, finalmente, dopo tanti anni di attesa, temi di grande importanza sociale e che ha visto la luce, guarda caso, in un arco di tempo compreso tra giugno e ottobre in piena campagna referendaria. Come si fa a sostenere che il Governo e il Parlamento, per colpa del Presidente del Consiglio sempre in giro, stanno lavorando al minimo?
Non piace al Volpini la proposta di affidare alla Camera dei Deputati la funzione legislativa in modo prevalente e il potere di concedere o ritirare la fiducia al Governo. Insomma è contrario alla abolizione dell’attuale sistema bicamerale. Ma Volpini, come vecchio militante del PCI, dovrebbe sapere che nella Assemblea costituente era il PCI che voleva mantenere in vita solo la Camera dei deputati. Dovrebbe anche ricordare che nel programma dell’Ulivo, nel 1996, 20 ( venti!) anni fa, era previsto di trasformare il Senato in una Camera delle Regioni, con poteri diversi da quelli dell’attuale Senato. Infine, è bene che sappia che la Commissione dei Saggi nominata dal Governo Letta, di cui facevano parte anche alcuni costituzionalisti che hanno sottoscritto il manifesto per il NO, all’unanimità si è pronunciata per l’abolizione del bicameralismo e, con voto quasi unanime, a favore di un Senato rappresentativo delle Istituzioni locali ( Regioni e Comuni).
Ma il Volpini raggiunge l’apice della sua esasperata denuncia quando afferma che la nuova legge elettorale e la legge di riforma della Costituzione, applicate insieme, porterebbero alla concentrazione di tutto il potere nelle mani di un solo Uomo. Invitiamo l’amico Volpini ( e quanti la pensano come lui ) a rifare due conti. Perché il così detto “combinato disposto” delle due leggi non consente al Governo di scegliersi a piacimento né il Capo dello Stato, né i Giudici costituzionali e neppure i componenti laici del Consiglio superiore della magistratura. Il Presidente della Repubblica e i membri laici del C.S.M, dovranno essere eletti dal Parlamento in seduta comune, vale a dire da una Assemblea straordinaria composta da 630 deputati e 100 Senatori ( 74 consiglieri regionali, 21 Sindaci, più i Senatori a vita). Per poter essere scelti devono ottenere il consenso dei 3/5 dei componenti o dei votanti. E i 3/5 di 730, se la matematica non è un’opinione, crediamo che faccia 438. Con l’Italicum, chi vince le elezioni, può disporre alla Camera di 340 deputati su 630 ( alle minoranze ne spettano 290: maggioranza bulgara?). Per arrivare a quota 438 mancano 98 voti, di cui non potrebbero disporre il partito o la coalizione vincente alle elezioni politiche neppure se avessero dalla propria parte tutti i 74 rappresentanti delle Regioni e tutti i 21 Sindaci. Per i 5 Giudici della Corte costituzionale è previsto che tre siano eletti dalla Camera dei deputati e due dal Senato; sempre con la maggioranza dei 3/5 dei componenti delle due Assemblee. Ed anche in questo caso, se si fanno correttamente due conti, è praticamente impossibile che il Governo riesca ad accaparrarseli, senza una intesa con le minoranze.
Confondere poi la riforma fatta approvare dal Berlusconi nel 2005 e bocciata dal Corpo elettorale con quella che andrà a referendum il 4 dicembre è un gioco di fantasia davvero bizzarro. Per non dire un po’ scorretto. Volpini legga attentamente i due testi.
Nella riforma Renzi-Boschi gli articoli della vecchia Costituzione, quella più bella del mondo , che disciplinano i poteri del Presidente del Consiglio e del Capo dello Stato non sono cambiati. Contrariamente a quello che si tentò di fare quando al Governo c’era l’ex Cavaliere, il Capo dello Stato conserva ancora il potere di nominare il Presidente del Consiglio e i suoi Ministri; non è costretto a sciogliere le Camere se glielo chiede il Capo del Governo o se questo decide di dimettersi; Il Governo deve presentarsi alla Camera per ottenere la fiducia e se non la ottiene o se gli viene a mancare nel corso della legislatura deve dimettersi. Insomma tutto è rimasto come prima, amico Volpini!