E’ un numero veramente impressionante di persone quello che il Sostituto Procuratore Mannucci ha convocato nelle aule del Tribunale di via Falcone e Borsellino a Livorno, in un procedimento giudiziario la cui ultima (in ordine di tempo) udienza era in calendario per il 31 ottobre.
Oltre la sfilza di testimoni, più di trenta imputati (a differenziato titolo), circa uno ogni cento degli abitanti di Capoliveri, perché proprio di una brutta, complicata e molto articolata storia capoliverese si tratta.
Al centro della vicenda, su cui ha lungamente indagato la Guardia di Finanza, una costellazione di abusi edilizi, in ogni angolo del Comune, vicino al mare, in collina, in terreni agricoli, sul Demanio, dentro al Parco Nazionale e anche uno “ chalet” come fossimo a Cortina.
Sanatorie retrodatate quasi vent’anni, ruderi inesistenti, ripostigli per zappe grandi come un piatto -doccia che si trasformano in villini da 150 mq con 80 mq di vezzoso porticato, conigliaie itineranti che nel tempo si riproducono, mettono fondamenta e tendine alle finestre, alberi da frutta e pomodori che compaiono al posto di una buona macchia da funghi, chiedendo un “manufatto agricolo” per essere meglio accuditi, il tutto con planimetrie bugiarde e tavole progettuali false.
A questo si aggiungono documentazioni vere scomparse a danno di qualcuno e documenti falsi vidimati da inconsapevoli notai in favore di qualcun altro, prestanome costretti e cittadini ignari di aver richiesto e ottenuto concessioni per terreni e immobili che non hanno mai posseduto.
Tutto questo per denaro, per procurare un guadagno o un ingiusto vantaggio patrimoniale a se stessi, a parenti, amici e clienti.
Principale protagonista della ingarbugliata vicenda, stando ai documenti della Procura, nel processo che si è aperto nei giorni scorsi, Carlo Cardelli, proprietario di una Agenzia immobiliare e vicesindaco di Capoliveri all’epoca dei fatti contestati, prima con la giunta di centrodestra Barbetti poi con quella di centrosinistra Ballerini.
Rinviati a giudizio assieme a Cardelli, Nicola Muscari Tomajoli, responsabile dell’Ufficio Demanio e Direttore Generale del Comune, Federica Messina, responsabile del Servizio Edilizia Privata, Umberto Guarnacci, responsabile dell’Ufficio Urbanistica ed edilizia privata, Federico Brugioni, ingegnere comunale, Nicola Masini, dirigente comunale, Fausto Guglielmi, dipendente comunale, ufficio Edilizia, Lido Cardenti, dipendente comunale, ufficio Demanio.
Fuori dalle stanze del Comune risultano coinvolti negli stessi reati “in concorso”, come recita il dispositivo, i tecnici Gamba e Paolo Pericoli, oltre ai beneficiari ritenuti dal P.M. consenzienti e consapevoli delle concessioni illegittime, Ederle per conto della Vallorita S.p.A, Manuela e Vincenzo Martorella (rispettivamente moglie e cognato di Brugioni), Marco Marzorati e Roberta Gianni, clienti dell’agenzia immobiliare di Cardelli.
Le accuse coprono un arco di tempo che va dal 2001 al 2006, ma sono gli anni tra il 2004 ed il 2006 quelli che pigiano sull’acceleratore dell’illegalità, con decine e decine di costruzioni illegali. Concussione, falso ideologico, falso materiale, soppressione e distruzione di atti pubblici, rifiuto di atti d’ufficio, omessa denuncia di reato, induzione in errore, abuso edilizio in aree sottoposte a vincolo, in concorso e con continuazione di reato, questi i capi d’accusa notificati.
Dentro ad ogni capo d’accusa, storie e procedure ai limiti dell’impossibile, come quella del geometra Pericoli, che presenta all’ufficio condoni nel 1987 undici pratiche tutte prive della necessaria documentazione – ma con i versamenti relativi. Sei di queste vengono dichiarate da subito “ improcedibili”, nonostante questo il tecnico deposita una relazione fuori dai termini, nel 2000 deposita una integrazione e nel 2004 chiede al Comune un ulteriore aumento di superficie per manufatti che il GIP definisce “ non esistenti a quella data” nel tentativo di indurre il responsabile del servizio sanatorie a rilasciare i condoni richiesti.
Secondo la pubblica accusa Cardelli in luogo di custodire il territorio che amministra, viola l’Area protetta del Parco Nazionale per trasformare ed ampliare una sua baracca fino a farne un villino, progettato da Pericoli e concessionato da Masini, in un’area dove non è ammessa neppure la ristrutturazione, con un tentativo di mascheratura in legno che i capoliveresi chiamano, appunto, in tono irridente "lo chalet"!
A margine di questo procedimento, si deve registrare anche il rinvio a giudizio per i componenti delle due passate amministrazioni Barbetti e Ballerini, per una questione già ampiamente dibattuta nelle aule dei Tribunali. Barbetti, Boreali, Carmani Daniele, Davoli, Luperini, Notarelli, Tallinucci e l’architetto Messina sono accusati di non essersi astenuti dalla votazione o dalla ratifica di provvedimenti che riguardavano se stessi o i propri congiunti; Ballerini, Cardelli, Galerotti, Colombi, Di Vita, Geri, Gelsi, Martorella, Puccini, Guglielmi, Carmani Gianluca e l’architetto Messina sono imputati per lo stesso reato ma in occasione dell’approvazione della modifica di un articolo del Regolamento Edilizio, il 22 ter, che permetteva l’ampliamento ed il cambio di destinazione d’uso di manufatti agricoli in residenziali anche con misure inferiori a mq 14, cosa che avrebbe procurato a Cardelli, Vincenzo e Manuela Martorella – oltre ad altri richiedenti concessioni – un vantaggio patrimoniale illegittimo. C'è comunque da osservare su questo fronte "minore" che per una parte degli imputati (quelli riconducibili alla amministrazione Barbetti) sono già scattati i termini della prescrizione, e che anche quelli della gestione di Ballerini, se lo vorranno, potranno fruire dello stesso beneficio, perché i tempi della prescrizione dovrebbero maturare prima che si tenga, a metà del Gennaio 2013, la prossima udienza del processo.
Ma il filone di inchiesta principale punta verso le diffuse deviazioni ed il clima di illegalità che, per l'accusa, ha accompagnato quegli anni. Emblematico quanto si legge in uno dei capi di imputazione: “Guglielmi Fausto e Brugioni Federico, in concorso tra loro, reiterando controlli edilizi per ben 6 volte a distanza di 20 giorni ciascuno, nel periodo intercorrente tra il dicembre 2004 e l’aprile 2005 e suggerendo di cambiare lo studio tecnico che curava i condoni edilizi per evitare ulteriori controlli, ( …) compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre M.P. ad affidare una pratica di condono all’arch.(…) revocando l’incarico al geometra (…)”.
E.R.