Commentando la vicenda del debito della Comunità Montana ed il modo in cui la Giunta Ferrari probabilmente riuscirà a rovesciarlo sulle spalle degli abitanti dell’isola l’ex Sindaco Peria, sul “Tirreno”, argomentava : “Ora ho capito perché si stanno affrettando a vendere gli immobili comunali”. Certo , se davvero la situazione è divenuta così penosa e il Comune, pur non avendo davvero realizzato grandi opere, sta affogando nei debiti , diventa non dico condivisibile ma comprensibile che si pensi di ricorrere a vendere parte del Patrimonio Immobiliare. Condivisibile no davvero, soprattutto se si parla del Palazzo delle Poste, un edificio che per la sua collocazione in pieno centro ed a fianco del Palazzo della Biscotteria un comune non ridotto alla mendicità dovrebbe, se già non gli appartenesse, cercare semmai di acquistare, altro che vendere . O piuttosto svendere, visto il valore della stima con cui viene offerto. Ma davvero il Comune intende venderlo? Perché, se la memoria non m’inganna, in Consiglio Comunale, quando venne formalizzata l’ipotesi di questa svendita l’assessore Del Mastro, per tacitare subito le obiezioni delle minoranze, chiarì che si trattava di un’ipotesi totalmente formale, finalizzata alla redazione del Bilancio, ma che in ogni caso la Giunta non aveva nessuna intenzione di vendere. E speriamo che sia davvero così, perché quel palazzo rappresenta una irrinunciabile occasione per poter dotare la città di una importante istituzione culturale e di una attrazione turistica di sicuro richiamo. Portoferraio possiede una cospicua collezione di fotografie antiche, in gran parte poco note al gran pubblico e assolutamente indisponibili per i turisti, che rappresentano una formidabile macchina del tempo per visitare l’Isola di ieri, dall’ottocento ai nostri giorni. Oltre ai panorami, che ci restituiscono immagini particolarissime di un’isola che non c’è più , ci sono gli isolani, sia al lavoro dei campi che in mare, agli altiforni o all’interno dei paesi, in calata, in spiaggia o in procinto di partire per la guerra. Ci si può incontrare la sorella di Pietro Gori che passeggia col cagnolino presso mura che non ci sono più, si può incontrare un’audace femminista ante litteram che partita dall’Australia girava il mondo in canoa, il poeta Renato Fucini che, ancora ragazzetto, giocava col cugino sulla spiaggia fra Schiopparello e la Biodola, o un altro grande poeta, l’irlandese Dylan Thomas. Ci sono le spiaggiate, da quelle per un’occasione galante, per due soli commensali, a quelle familiari di dimensioni epiche, ci sono i carnevali e le feste paesane. Ci sono i grandi personaggi in visita, fra tutti Guglielmo Marconi e Benito Mussolini. Poche cose sono così immediatamente comunicative come la fotografia, che non richiede traduzioni, che valica il tempo, che ci fa guardare negli occhi un bimbo timido e sorridente che forse già da cent’anni non è più fra noi. Il palazzo delle Poste sarebbe strategicamente perfetto come contenitore di una fototeca modernamente organizzata, proprio all’inizio del percorso che passando per la Pinacoteca alla De Laugier ed il Museo della Misericordia porta il visitatore fino alla Villa dei Mulini. La comoda raggiungibilità del luogo permetterebbe comunque una visita interessante , facilitata dalle tecnologie digitali, anche a persone anziane o che dispongano di tempi brevi per il loro tour. Sarebbe in questo senso un investimento sicuramente produttivo, considerando che permetterebbe di valorizzare un patrimonio, sia immobiliare che documentario, che è già nelle disponibilità del Comune. Dico “valorizzare” nell’accezione più comune del termine, cioè far crescere il potenziale valore di un bene, non come a volte viene usato magari in ambito amministrativo per significare “trasformare in valore monetario”, insomma vendere. Credo che i buoni amministratori debbano intanto mantenere e poi far crescere il patrimonio che è loro affidato. Se assumo una governante e tanto per cominciare lei si vende l’argenteria per me non è un buon segno. Spero tanto non sia così.
Maurizio Tavanti