Non sarà facile accantonare e rimuovere il risultato referendario elbano, dove, diversamente dal Si della val di Cornia, ha vinto il No.
Ritengo invece che se il PD (con la sinistra in generale), vorrà dare un segnale di apertura alla società e rivedere certi suoi atteggiamenti autoreferenziali, di autosufficienza e supponenza, che ha pagato con sconfitte e perdite di consenso e di rapporto con parti importanti della società elbana, debba proprio partire dai segnali che giungono dal risultato referendario locale.
Prima del voto avevo parlato, a chi decantava in ripetuti incontri elettorali la riforma, dei risvolti negativi per l'Elba, che avrebbe comportato la vittoria della revisione della Costituzione proposta da Renzi, poiché con essa, si andava ad avallare un processo di emarginazione ed allontanamento, dei territori periferici ed insulari dai centri decisionali, sia Regionali che Nazionali.
Una distanza che in questi anni si è già manifestata e realizzata, dalla trasformazione delle Province in enti di secondo grado, alla mancata approvazione di una legge sulle isole minori, alle problematiche di insufficiente gestione della sanità, dal disfunzionamento didattico della scuola, ai collegamenti marittimi invernali, orari ed incertezza.
La vittoria del NO all'Elba riconsegna a questa politica delle visite guidate, pari pari tutti questi problemi, fortemente sentiti e partecipati nel No. Ma il voto riconsegna alla politica delle passerelle inutili, l'altra faccia dell'Elba, esclusa, lasciata in questi anni senza parola, l'Elba che soffre la crisi sociale e di prospettiva più profonda dal dopoguerra.
Nel voto massiccio del 4 dicembre si è manifestato un profondo ed esteso sentimento di abbandono, di disagio, anche sociale, in ampi strati della popolazione elbana, ai quali le condizioni di vita sull'isola divengono pesanti, se non insostenibili: dal diritto del lavoro sicuro e per tutti, al diritto allo studio, alla salute, all'assistenza e cura. Abbiamo ancora davanti agli occhi, che qualcuno chiudeva per non danneggiare il plebiscito referendario, passando da un gazebo ad un altro, decine e decine di ragazze e ragazzi elbani, in fila, di notte e di giorno, ai cancelli del Centro per l'impiego per ottenere una ridotta e limitata indennità di disoccupazione, per un periodo di lavoro stagionale che sta sempre più diminuendo il periodo d'impiego.
Ricordiamo gli studenti elbani, gli insegnanti, che, per tutto il primo trimestre, dopo la tanto decantata riforma della "buona scuola" lamentavano assenza di insegnanti, ritardi mai visti prima, nell'avvio dell'anno scolastico. Sappiamo, inoltre dai dati statistici, che anche all'Elba è fortemente aumentato, da parte dei datori di lavoro, l'uso dei voucher, oltre quanto fosse previsto dalla stessa normativa, formalizzando uno stato di precarietà del lavoro e di diritti. Conosciamo inoltre i dati di una disoccupazione giovanile, delle donne in particolare. Sappiamo anche, dalle cronache giornalistiche, dell'aumento delle file, davanti alla caritas elbana, dove non vi sono stranieri, ma bensì, elbani, anziani, talvolta famiglie.
Il No, gridato a gran voce viene da queste situazioni di difficoltà sociale e verso le quali il PD da tempo ormai, non sa più rappresentarne le istanze, i bisogni. Non esiste un'isola felix per tutti. In particolare i nostri giovani stanno pagando le scelte sbagliate, dal jobact, ai voucher, che saranno sottoposte a referendum promosso dalla CGIL, per l'abrogazione. Il PD lo sostenga. Bisogna ripartire da qui, ripensare un progetto come forza di un nuovo centrosinistra elbano, dopo anni di divisioni e contrapposizioni, di abdicazione della politica (ricordate il No all'altro referendum sul Comune unico, in nome delle virtù della semplificazione istituzionale?) altrimenti questi ceti continueranno a ricercare voce e rappresentanza in forze populiste e antipolitiche che, in questi anni, abbiamo visto crescere anche su questo territorio.
Saprà il PD di questo territorio raccogliere questa sfida? Saprà il PD riposizionarsi nel campo di un nuovo centrosinistra con un progetto capace di dare voce e senso alle istanze e bisogni dei giovani e delle donne elbane, del mondo del lavoro, dei ceti più poveri ed esposti alla crisi? Poniamoci queste domande e cerchiamo risposte coerenti.
Pino Coluccia