Le gare indette dalla Amministrazione comunale per la vendita del palazzo Coppedè, della ex scuola di Saponiera, degli scantinati di Via Carducci e, infine, di una parte del Palazzo un tempo sede degli uffici postali, sono andate deserte. Non sarebbe stato il caso di fermarsi, per non correre il rischio reale non di venderli ma di svenderli?
L’Amministrazione ha deciso, invece, non ostante che il mercato immobiliare non favorisca chi vende, ma chi acquista, di andare avanti e di procedere lo stesso alla alienazione.
Per il Coppedè si è stabilito, addirittura, di fare una trattativa con un unico soggetto interessato, ai sensi dell’art.6 bis del Regolamento comunale. Non solo si insiste, dunque, nel voler vendere in condizioni di mercato sfavorevoli, ma si sceglie anche di trattare con un solo soggetto, rinunciando cioè,inspiegabilmente, ad una competizione tra più concorrenti, come prevede l’art.6 del medesimo Regolamento che fa obbligo, a tale scopo, di pubblicare un apposito avviso di gara al quale deve essere data la migliore pubblicità. Perché non è stata fatta questa scelta? Per la Saponiera e il Palazzo ex Poste si è deciso di ridurre del 10% il prezzo a base d’asta. Riduzione motivata con il fatto che i precedenti prezzi non sarebbero “in sintonia, per eccesso, con i valori di mercato allo stato attuale”. E quindi, con la riduzione del 10%, l’Amministrazione ritiene che possano diventare “ più accoglibili ed appetibili per l’attuale e previsto, nel breve- medio periodo, mercato immobiliare”.
In parole più comprensibili l’Amministrazione prende atto del momento non felice del mercato immobiliare e, anziché aspettare tempi migliori, decide di ribassare i prezzi a base d’asta.
Ora questo modo di operare può anche essere conveniente per chi ( ente pubblico o privato ) naviga in pesanti difficoltà finanziarie.
Ma, se non vado errato, il Comune di Portoferraio non si trova in tale situazione. Con l’approvazione del bilancio consuntivo del 2015 è stato accertato, infatti, un avanzo di amministrazione non vincolato, credo di ricordare, di oltre 900 mila euro.
E’ vero che è ormai alle porte lo “tsunami” dell’enorme disavanzo della defunta Unione dei Comuni che in buona parte dovrà accollarselo la nostra Amministrazione, ma quello che il Comune potrà ricavare dalla vendita degli immobili può essere utilizzato solo per far fronte ai debiti dell’Unione relativi a spese per investimenti e non a spese correnti. E purtroppo la maggior parte della disastrosa “eredità” dell’Unione è costituita da debiti per spese correnti che potranno essere onorati, in base alle vigenti disposizioni di legge, solo con tagli drastici delle spese da effettuare sui prossimi bilanci di previsione del Comune e con l’aumento delle tariffe e delle aliquote dei tributi.
Torno a dire, dunque, che sarebbe stato saggio fermarsi ed aspettare un mercato immobiliare più redditizio.
E sarebbe anche un’ottima cosa, a mio avviso,rinunciare in ogni caso a cedere a privati i tre piani del Palazzo ex Poste e il secondo piano del vecchio ospedale, per il quale, peraltro, la gara non è stata ancora indetta, destinando i due immobili ad edilizia residenziale pubblica.
La minoranza consiliare per l’ex Poste ha proposto più opzioni. Condivido quella di destinare il piano terra ( giustamente mai messo in vendita dal Comune ) ad una sezione distaccata della Biblioteca foresiana per fornire alla città un servizio di prestito di libri più facilmente accessibile. Negli altri tre piani ritengo che sarebbe quanto mai opportuno ricavare alloggi per famiglie bisognose. La stessa destinazione dovrebbe essere data al secondo piano dell’ex ospedale che misura ben 970 mq. La realizzazione di alloggi per famiglie residenti, oltre ad andare incontro ad una esigenza sociale ancora molto forte, consentirebbe di accrescere la presenza di gruppi familiari in un centro storico dove sono molte le “persiane chiuse” di appartamenti privati utilizzati per brevi soggiorni, per lo più estivi.
Giovanni Fratini