Maria Gisella Catuogno: Stamani il sole splendeva forte e sicuro sull’Elba, in un cielo sgombro di nubi e il lungomare era un incanto: la cornice adatta per accogliere migliaia e migliaia di persone che dal capoluogo e da tutta l’isola si sono messe in movimento per un’unica meta, la manifestazione in difesa dell’ospedale di Portoferraio e per il ripristino della sua piena funzionalità, impoverita da anni di tagli e “razionalizzazioni”.
Ci sono dei giorni in cui anche il tempo sembra aiutare il successo di un evento che sta per accadere. Oggi è successo così, in un novembre impietoso, che una settimana fa ha seminato morte e distruzione a poca distanza da qui, nella Maremma martoriata dall’alluvione.
Stamani invece il sole splendeva forte e sicuro sull’Elba, in un cielo sgombro di nubi e il lungomare era un incanto: la cornice adatta per accogliere migliaia e migliaia di persone che dal capoluogo e da tutta l’isola si sono messe in movimento per un’unica meta, la manifestazione in difesa dell’ospedale di Portoferraio e per il ripristino della sua piena funzionalità, impoverita da anni di tagli e “razionalizzazioni”.
Tanta gente, di tutte le età: dagli studenti agli adulti, agli anziani, ai bambini; tutte le categorie socio-economiche del territorio e i sindaci dei comuni che aprivano il corteo.
Tanto colore: dall’enorme tricolore che si snodava per sei metri alle fasce che non solo i primi cittadini indossavano, come a moltiplicare l’appello della signora Luciana Gelli, dei comitati, che aveva raccomandato “Ognuno sia sindaco di se stesso!”; dal giallo e rosso della bandiera elbana, con le tre api laboriose e dorate, agli striscioni bianchi su cui campeggiavano gli slogan in difesa del principale dei diritti, quello alla salute.
E accanto al colore, la gioia, la festosità di stare insieme per lottare all’unisono, senza steccati, senza barriere ideologiche, per quell’unico irrinunciabile traguardo di giustizia e di democrazia.
La riuscita della manifestazione, considerando i tempi brevissimi in cui è stata organizzata, è un risultato clamoroso e dimostra che è così che occorre canalizzare la frustrazione e il malcontento: in una risposta di civiltà e di fermezza espressa con la presenza vivace ma pacifica, con la vicinanza reciproca, con la parola e il dialogo.
E’ questo a trasformare una moltitudine di persone in una comunità civile, consapevole di doveri e di diritti, non disposta a farsi emarginare o discriminare soltanto perché è un’isola la terra in cui ha scelto di vivere.
Maria Gisella Catuogno
(foto di Massimiliano Ranfagni)