Dopo un lungo “viaggio” nelle aule parlamentari è arrivata in porto la legge che si propone di aiutare i Comuni con una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
L’amico Pino Coluccia, ferreo sostenitore della necessità di mantenere integra la rete delle Amministrazioni comunali, ne ha accolto con entusiasmo l’approvazione, perché, a suo dire, non promuoverebbe ”il superamento per accorpamento o fusione dei piccoli Comuni” e metterebbe la parola fine ad “una campagna politica decennale di continuo attacco” alle autonomie locali. A me francamente non sembra che lo Stato centrale e le Regioni abbiano imbastito una simile campagna politica. Le 76 fusioni avvenute dal 2013 ad oggi, che hanno interessato ben 184 Comuni, sono avvenute, nel rispetto della Costituzione, a seguito di consultazioni popolari e non per imposizione dall’alto. Né sono state imposte le Unioni. L’Elba lo dimostra!
Non riesco ad intravedere una inversione di rotta rispetto a quel complesso di norme, statali e regionali, che la nuova legge peraltro non cancella. Norme che, da qualche anno, cercano di incoraggiare la collaborazione tra Comuni con la costituzione di Unioni e con l’avvio di gestioni associate di servizi comunali o di favorire la loro fusione. Ed in effetti l’art.1 della neonata legge include nelle tipologie degli Enti che possono beneficiare dei finanziamenti previsti anche quei Comuni che fanno parte di Unioni, che gestiscono insieme i servizi o che sono stati istituiti a seguito di fusione.
Quanto al contenuto della legge approvata in via definitiva dal Senato, beh, siamo sinceri, l’avvicinarsi delle elezioni politiche (e viviamo, già da tempo, in campagna elettorale) ha certamente favorito una larga maggioranza parlamentare. Mi aspettavo dunque qualcosa di buono. Ma, letto il testo, sono rimasto abbastanza deluso.
In realtà si tratta piuttosto di una legge di principio, di indirizzo, importante, certo, perché sottolinea la necessità che i Governi nazionali (e regionali) prestino maggiore attenzione alle comunità locali di modeste dimensioni. Ma ho il timore che, con il tempo, questa “novella” legislativa, se non saranno introdotte sostanziali modifiche,risulterà poco incisiva, se non addirittura inutile.
Quanto ai finanziamenti previsti non mi sembra che si possa essere soddisfatti. Sono stati stanziati 100 milioni di euro per un arco di tempo di ben 7 anni. 10 milioni saranno erogati nell’anno in corso e 15 in ciascuno degli anni dal 2018 al 2023. Se consideriamo che le Amministrazioni locali al di sotto dei 5.000 abitanti sono 5.585 e che con quegli stanziamenti annuali si dovrebbero fare un mare di cose (tutela dell’ambiente e dei beni culturali, mitigazione del rischio idraulico, riqualificazione dei centri storici, manutenzione della viabilità, manutenzione e consolidamento statico degli edifici scolastici, recupero dei beni storici, artistici e librari degli Enti ecclesiastici, insediamento di attività produttive ecc..ecc…), c’è poco da esultare.
Infine un’ultima considerazione. Certo i Comuni elbani, come tutti quelli delle altre isole minori, rientreranno in una delle tipologie previste. Ma mi ha colpito il fatto che, nel testo approvato, si fa riferimento ai Comuni collocati in aree rurali e montane o in aree definite periferiche e ultraperiferiche. Nessun riferimento viene fatto ai Comuni delle isole minori; nessun accenno a quella particolare condizione periferica che è l’“insularità”. Questa parola è sfuggita alla penna del legislatore.
Giovanni Fratini