La legge sui piccoli comuni ha finalmente tagliato il traguardo con diffusa soddisfazione anche se con pochi soldi come dice Enrico Rossi.
Ora si potrà procedere ad aggregazioni e collaborazioni intercomunali senza forzature come sta ancora avvenendo e non con mere giustificazioni ‘aziendali’ perchè le istituzioni proprio a partire dai comuni non sono aziende ma organi di rappresentanza e di governo del territorio.
Ma i comuni piccoli e associati sono a loro volta un momento di quel governo del territorio e di gestione delle politiche ambientali che operano su quelle aree vaste che fino a ieri erano le province che con i loro piani territoriali di coordinamento dovevano concorrere alle politiche di programmazione regionale.
Ma qui casca l’asino perché come è emerso chiaramente a Firenze nella riunione dell’ANCI dove i sindaci hanno protestato per il passaggio alla regione della gestione di materie come le foreste e diverse altre materie dove la competenza era delle province con i comuni e ora è traslocata negli uffici fiorentini. A conferma se ce ne fosse stato bisogno che la legge Delrio pur essendo fallito il referendum che voleva inserire l’abrogazione delle province nella Costituzione, ha fatto e sta facendo danni sulle autonomie come sulle regioni il cui ruolo appare sempre meno programmatorio e più amministrativo.
Si dirà che ora sono previste le ‘aree vaste’ che nessuno però sa cosa dovrebbero o potrebbero essere tanto che non ci sono due regioni che abbiano finora previsto qualcosa di simile e affine. L’area vasta resta quindi un’area vaga e indefinita soprattutto per quelle aree interne dove molti piccoli comuni si sono spopolati o si stanno spopolando. Insomma il solo livello istituzionale che ne ha tratto vantaggio –potremmo dire abusivamente- è lo stato inguaribilmente centralistico. Quello stato che sforna leggi invasive di competenze altrui e filze di decreti attuativi che spesso non vedranno mai la luce. Leggi e decreti che stanno sbriciolando competenze e funzioni che a tutto potranno contribuire tranne a quelle politiche di programmazione a cui dovrebbero finalmente mirare i piccoli comuni.
A questo contesto sempre più confuso e pasticciato si aggiunge la legge ‘sfasciaparchi’ che ai parchi e alle aree protette renderà se approvata più difficile e per più versi impossibile intervenire con i loro piani che gran parte dei parchi nazionali peraltro ancora non hanno fatto specialmente sul mare e le coste.
Quando si parla di cambio di passo soprattutto nel Pd significa che si metterà mano a questa deriva?
Renzo Moschini