Nei giorni scorsi il dott. Gianluigi Palombi –già Consigliere comunale di minoranza quando ero Vicesindaco di Campo nell’Elba-, ha rilasciato una dichiarazione sulle mie vicende giudiziarie. Mi ha fatto piacere, per la sua capacità di cambiare parere e di farlo pubblicamente; e per la solidarietà che mi manifesta. Le sue parole mi hanno poi sollecitato a una riflessione, che spero possa offrire un contributo al rinnovamento della politica anche in una piccola realtà come la nostra. Dice Palombi: “In un paese dove la giustizia (volutamente scritta con la lettera minuscola), detta in modo anche violento i ritmi della vita di un cittadino, quella stessa giustizia che un giorno ti rapisce e ti chiude dentro un carcere togliendoti tutto per poi, dopo molti anni, darti una pacca sulla spalla dicendoti "scusi, c’eravamo sbagliati", beh, un paese come questo non merita niente, nemmeno le dimissioni da vice Sindaco di un piccolo paese in mezzo al mare”.
Il mio punto di vista è diverso. La Giustizia si deve scrivere e soprattutto pensare sempre con la maiuscola; ha principi e norme stabiliti da secoli, e procede al di sopra delle parti, dividendo le ragioni dai torti, gli offensori dagli offesi. Per questo è giusto avere fiducia in chi la amministra, anche quando si è “parte offesa”, e ci si sente colpiti da provvedimenti che ci appaiono iniqui: perché poi, quando tutta la procedura si è svolta, chi è innocente si manifesterà innocente e chi è colpevole verrà riconosciuto tale. Certo possono intervenire degli errori, ma il nostro ordinamento –con i suoi tre gradi di giudizio- permette con ragionevole certezza di porvi rimedio e di risarcire i cittadini.
In ogni caso gli errori non possono costituire alibi all’uso improprio, incongruo, colpevole che i cittadini sovente fanno di quei delicati strumenti che costituiscono l’apparato dell’amministrazione giudiziaria. Mi riferisco al fatto che per piccoli o grandi interessi personali non altrimenti difendibili; per difficoltà o incapacità a condurre in modo appropriato la competizione politica sulle idee o sulla loro traduzione in fatti; per sentimenti di avversione o risentimenti personali, taluni non esitano a mettere in moto il complesso e costosissimo apparato della Giustizia, provando a ottenere su un piano diverso dalla dialettica democratica quello che più corrisponde al loro volere o sentire. Ecco allora il ricorso sistematico, spesso anonimo, alla polizia giudiziaria, che ovviamente è tenuta a coinvolgere l’autorità giudiziaria, che deve istituire un procedimento e assumere i provvedimenti previsti dall’Ordinamento.
Ne ho avuta esperienza personale. Contro di me sono stati prodotti numerosi esposti: alcuni di essi hanno dato origine a procedimenti giudiziari, in parte ora giunti a conclusione (di altri, che pure sono starti intrapresi, non ho più notizia, e temo siano andati prescritti).
Nel settembre 2001sono stato accusato di aver commesso i reati di Violazione di beni soggetti a tutela, di Interventi edilizi senza autorizzazione, di Abbandono di rifiuti, di Gestione di rifiuti non autorizzata, di Mancata bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati da rifiuti (per l’Ecocentro del Vallone). Per tutti i reati il Giudice mi ha mandato ASSOLTO PER NON AVER COMMESSO IL FATTO il 16/03/2007.
Sempre collegati all’Ecocentro del Vallone ho subito ancora due procedimenti: il primo riferito al reato di Falsità ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in atti pubblici, che risalirebbe al giugno 2001; e il secondo, che sarebbe stato accertato nel marzo 2005, di Concorso in abuso d’ufficio e concussione (reato che prevede la custodia cautelare, che mi è stata applicata prima in carcere e poi a domicilio). Questi due procedimenti, riuniti in unico dibattimento, mi hanno visto ASSOLTO PERCHÉ I FATTI NON SUSSISTONO il 08/02/2012.
Nel luglio 2002 sono stato accusato di concorso in Turbata libertà degli incanti (strada La Pila-La Serra). Nel procedimento che è seguito il Pubblico Ministero chiedeva l’archiviazione (20.04.2004); ma il GIP, sei mesi dopo, stabiliva il rinvio a giudizio coatto. A conclusione del processo il giudice mi ha mandato ASSOLTO PER NON AVER COMMESSO IL FATTO, il 19/10/2009.
Nel gennaio 2004 venivo accusato del reato di Abuso d’ufficio e Falsità ideologica commessa da Pubblico Ufficiale in atti pubblici (depolverizzazione di via Zuffale). Il processo si è concluso con l’ASSOLUZIONE PERCHÉ I FATTI NON SUSSISTONO, il 09/02/2012.
Nel maggio del 2005 sono stato accusato per Concorso in Turbata libertà degli incanti (PEEP Bovalico). Per questo reato è stata DICHIARATA LA PRESCRIZIONE il 18/01/2012 (ma l’altro coimputato in concorso, giudicato separatamente, è andato assolto).
Ho notizia di altri procedimenti archiviati in sede istruttoria.
Parte dei procedimenti ha avuto origine proprio da esposti “confidenziali” alla polizia giudiziaria; parte da denunce di cittadini che si sono esposti direttamente. In ogni caso il loro numero è veramente notevole, pensando che in fondo ero soltanto “vice Sindaco di un piccolo paese in mezzo al mare”: se solo si moltiplica per gli ottomila comuni….
Inoltre, alla luce dei risultati processuali, appare manifesta la pretestuosità delle accuse; e alla luce dei fatti intervenuti nel corso dello svolgimento dei processi (per tutti, ricordo la mia custodia cautelare), si affaccia il dubbio di una loro strumentalità ‘politica’. Non intendo qui soffermarmi sulle conseguenze personali e pubbliche subite, che affronterò in altra occasione; ma non penso che siano intervenuti ‘errori giudiziari’. Non condivido lo schema che pone lo Stato in opposizione al cittadino. Lo Stato è strumento primario della vita associata dei cittadini che gli delegano l’esercizio di funzioni e servizi fondamentali: la salute, la scuola, la sicurezza, la predisposizione delle infrastrutture. Non ha senso vederlo ‘nemico’. Troppo spesso è capitato di sentire, negli ultimi anni, di persone e personalità che si sono dichiarate vittime di persecuzioni o soprusi da parte di Istituzioni dello Stato invocando punizioni o rivalse su singoli loro esponenti. Sono contrario alla personalizzazione delle Istituzioni, e alla impropria attribuzione di poteri personali o di personali responsabilità che hanno come unico risultato la perdita di serenità di giudizio per tutti. Il che è particolarmente grave per i magistrati. Nella nostra cultura giuridica il magistrato è funzione dello Stato e del Popolo: il Giudice pronuncia le sentenze “in nome del Popolo”, e il rappresentante dell’accusa si chiama “Pubblico ministero” e il suo ufficio “Procura della Repubblica”; in Tribunale indossa la toga, che rappresenta visivamente appunto la funzione e ‘nasconde’ la persona (come la stola del confessore, la mitria del vescovo, la divisa del carabiniere). Nell’esercizio della funzione agisce come Stato, e del suo agire non può essere responsabile che lo Stato, anche nel caso di errori, sempre possibili. Per questo sono contrario alla responsabilità civile dei magistrati: per errori, omissioni o colpe delle singole persone che svolgono la funzione del magistrato c’è un apposito organo che valuta e provvede. Abbiamo un sistema giudiziario eccellente, e non è giusto lamentarcene.
Se poi in Italia i processi durano decenni, la causa è da ricercare nelle carenze organizzative degli uffici e nell’endemica mancanza di risorse economiche per il loro funzionamento. Ma forse lo dobbiamo anche alla facilità e alla leggerezza con cui si ricorre all’intervento della magistratura, ingolfando i calendari dei tribunali di cause improbabili e risibili, per ottenere non Giustizia ma soddisfazione a presunti sgarbi ricevuti o a presunti diritti disconosciuti o contrastati. O per levare di mezzo un avversario politico ritenuto troppo forte o troppo poco gestibile.
Mi pare che di questo faccia fede compiutamente il volantino affisso alla porta del Comune di Campo l’infausto 13 ottobre del 2005: “Il dottor Graziani è in galera: l’uomo giusto al posto giusto. I campesi veri –che non lo hanno mai votato- sperano di liberarsi dai tentacoli della sua truffaldina tutela, dal suo sponsor, dai suoi complici”.
Il dottor Graziani è stato assolto in tutti i processi celebrati: la Giustizia è altro, teniamocela cara.