Confesso che se non fossi stato chiamato in causa, in quanto persona “che ha ricoperto cariche istituzionali importanti”, mi sarei ben guardato dal replicare all’assessore Nurra che ha avvertito la necessità, forse per un mal celato senso di colpa, di intervenire per la seconda volta e in qualche modo giustificarsi sulla triste vicenda della piazzetta da cui è stato espropriato il nome di Pietro Gori.
Non avevo intenzione di farlo, perché altri, e persino giovanissimi come la studentessa liceale Camilla Dini che il Nurra non ha avuto la fortuna di coinvolgere nel suo personale sondaggio, hanno espresso a più voci il loro pensiero, nel quale sostanzialmente mi sono identificato. E anche perché, con tutto il rispetto per le opinioni altrui, non mi pare che gli argomenti addotti siano tali da meritare qualcosa di più di un’alzata di spalle ed un sorriso di sufficienza.
Se lo faccio, seppur brevemente, è per dire che se è vero che alcuni comuni, come sostiene il Nurra, non “avrebbero avuto la sensibilità” di intitolare una via a Pietro Gori, è altrettanto vero che nessuno prima d’ora aveva avuto l’improntitudine e l’arroganza di cancellarne il nome, come è accaduto con la giunta di centrodestra che amministra (male) il comune di Portoferraio. E non mi riferisco, ovviamente, solo alle vie o alle piazze, ma anche ai luoghi dove esistono evidenti tracce e testimonianze con cui si ricorda la grandezza dell’uomo. A Rio Elba, per esempio, si conserva e si mostra all’ingresso del Teatro comunale un grosso frammento della lapide che fu posta nella piazza centrale del paese e che i fascisti rimossero per poi frantumarla e disperderla in vari pezzi. Uno di questi fu in seguito ritrovato, restaurato e collocato all’interno di quello che i riesi considerano il centro culturale della comunità.
In quanto alla memoria sarebbe il caso che fosse per prima l’Istituzione ad assumere appropriate iniziative, come fu ben fatto nel 2011, in occasione del centenario della morte di Pietro Gori, con la tre giorni della manifestazione svoltasi alla fortezze medicee. Nel mio piccolo, inoltre, non ho atteso di testimoniare la mia protesta sabato scorso per scrivere del “veggente poeta che muor”, e lo sanno bene il sindaco e il vicesindaco del capoluogo elbano che parvero commuoversi quando nel giugno scorso una splendida Daniela Soria interpretò una delle più belle canzoni di Pietro Gori, “Inno del Primo maggio”, composta sull’aria del Nabucco, in occasione della presentazione del mio secondo libro nell’atrio della De Laugier. Forse, chissà, se allora i due autorevoli amministratori pensavano di compiere poi un così odioso e ignobile atto, contrapponendo la figura dell’ex sindaco Ageno, segnato da una insostenibile tragedia umana a cui era pur comprensibile un giusto riconoscimento, ad un’altra gigantesca figura come Pietro Gori, assumendosi la grave responsabilità non di pacificare ma di riproporre profonde ferite e divisioni che il tempo in parte aveva lenito.
Io mi auguro che a prescindere da ciascuna delle posizioni politiche i cittadini di Portoferraio, quelli che ancora credono in certi valori, se lo ricordino al momento opportuno e che prima o poi quella targa venga rimessa al posto da cui è stata arbitrariamente tolta.
Danilo Alessi