Lettera aperta al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi , all’ Assessore all’ Agricoltura Marco Remaschi e all’ Assessore all’ Ambiente Federica Fratoni.
Caro Presidente, Cari Assessori
Il consorzio di viticoltori toscani (A.VI.TO) ha diffuso, in questi giorni, l’ennesima testimonianza sia dei gravi danni economici ed ecologici causati dalla presenza in molte aree della Toscana di una popolazione di ungulati (cinghiali, caprioli, mufloni) che supera in modo marcato i limiti di sostenibilità ambientale, e poni seri problemi per la stessa incolumità pubblica, sia della deludente applicazione dei dettati normativi emanati dalla Regione Toscana per contrastare la sovrappolazione di ungulati, in particolare cinghiali con la LR. n.10 del 2016.
Questa situazione è particolarmente grave nell’isola d’Elba, poiché tutte le problematiche sono concentrate in un ambito territoriale confinato e ristretto, per oltre il cinquanta per cento inserito nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. L’Ente che, a norma di legge, deve proteggere quelle emergenze naturali e culturali (flora, fauna, paesaggio, assetto idrogeologico, attività agricole tradizionali,…), fortemente compromesse dalle attività degli ungulati. Nell’Isola l’ultimo cinghiale maremmano venne abbattuto all’inizio dell’Ottocento e per oltre 150 anni l’Elba è stata esente da questo ungulato, fino come ben noto, alla immissione di cinghiali centro-europei alla fine degli anni Sessanta. Il Parco Nazionale, fino dalla sua istituzione, venti anni fa, ha intrapreso interventi per contenere, entro limiti sostenibili, i danni causati dai cinghiali mediante la fornitura di recinzioni elettriche, reti metalliche, catture ed abbattimenti. Questo impegno ha contenuto- non certamente risolto il problema- , ma perlomeno fino a due anni fa nelle situazioni di emergenza, dentro o fuori i confini del Parco , alla denuncia dei cittadini, seguiva una sollecita verifica da parte delle autorità competente (Ente Parco o Provincia di Livorno/ATC), e quindi concretizzato in tempi brevi, come “emergenza” impone, l’idoneo intervento di cattura o abbattimento.
Poi arriva l’assurdo. Con la Legge del 2016, emanata per contenere la popolazione dei cinghiali, di fatto ha portato per le emergenza fuori dall'area protetta, ad un iter procedurale che, quando va bene e il tutto non si perde nei meandri della burocrazia regionale, ad interventi che si realizzano dopo settimane. L’iter prevede: la denuncia al Comune, il quale la inoltra alla Regione, che dopo valutazione comunica le idonee disposizioni alla Provincia affinchè organizzi l’intervento pianificato. Un appesantimento le cui conseguenze negative ovviamente ricadono, “senza colpa”, sull'istituzione più vicina ai cittadini: i Comuni.
L’unica che, in un tempo dove l’astensione alle elezioni nazionali e regionali pongono seri problemi di democrazia rappresentativa, riescono con fatica, a mantenere un contatto politico e culturale con i territori.
Recentemente il Nucleo della Regione Toscana per la valutazione degli investimenti pubblici (NURV) chiamato alla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) del Piano Faunistico Venatorio Regionale, ha evidenziato quanto segnalato dall’Ente Parco, sulla la contraddittoria presenza all’Elba di numerose aree vocate al cinghiale, limitrofe alle aree protette dal Parco Nazionale. Una situazione difficilmente gestibile,- senza chiare e consapevoli azioni politiche di indirizzo e controllo regionale. Una situazione che diviene veramente tragica con serie ripercussioni sociali se, come minimo, non si interviene per accorciare gli assurdi tempi di intervento per le emergenze.
Beppe Tanelli