Ci preme con queste righe fare conoscere all’illuminato sindaco Barbetti, e al suo circolo di personaggi altrettanto illuminato che lo sostengono, che una cosa manca alla sua proposta democratica di trasformare Pianosa in quel luogo dove desegregazione, integrazione, convivenza e fraternità multietnica nonchè lavoro collettivo possano realizzarsi: la piantagione di cotone.
La storia insegna, e il Barbetti ne fa cosciente uso. Già l’altra estate un’ordinanza comunale ottenne (e vide mirabilmente uniti in una grande famiglia giusta,ordinata, sicura e naturale, tutti i sindaci elbani) un grande innalzamento etico e democratico per la nostra civile italianità bianca, espellendo alcune famiglie di etnia diversa da quella non riconosciuta dagli standard economici e democratici - nonché umani - rispetto a quella nostra ufficiale e buona.
Pianosa coniugherebbe ancora maggiormente questa mentalità fatta di superiorità naturale - connubio indispensabile del progresso capitalista che si è lasciato alle spalle il dominio e lo sfruttamento selvaggio e omicida del suo primo stadio - poiché grazie alle meravigliose condizioni ambientali dell’isola si vedrà nascere il frutto candido del cotone colorato del rosso amore.
Così la coscienza del Barbetti avrà realizzato, sempre con pragmatismo democratico, sempre nell’interesse della comunità e del buon uso delle leggi che non si toccano perché divine o naturali, il famoso detto secondo cui “il lavoro rende liberi”.
Sia coerente il Barbetti che è stimato come “amministratore d’esperienza e capace”: lo deve realizzare. Nell’interesse del genere umano. Ovviamente.
Pierpaolo Calonaci
Pedagogista e docente
Egregio Dottor Calonaci
Concordo perfettamente con quanto ha scritto e sono stato toccato dalle poetiche immagini che Ella ha evocato. Mi corre però l'obbligo di correggerla poiché tra gli innumerevoli meriti barbettiani Ella ha annoverato l'aver espulso "alcune famiglie di etnia diversa...". In realtà così non fu, in quanto il nostro si limitò a "scoraggiare" (eccitando un gorillaio di fan) l'ospitalità che un incauto albergatore aveva offerto (se ben ricordo) ad una dozzina di pericolosissime donne di colore incinte o/e con marmocchio al seguito (tutti potenziali terroristi o quantomeno destabilizzatori della Pax Caput Liberi).
L'unica "cacciata" di nuclei familiari di cui abbia memoria va ascritta alla gloria di un altro grande omologo barbettiano: Mario Taglianastri Ferrari che eroicamente sgominò le avanguardie di una colonia di cenciosi Rom che "nomadando" (l'elegante neologismo è dovuto a Madame Meloni) erano approdate nel parcheggio del Residence a Portoferraio. Fu l'eroico sindaco nostro (tuffatore, transnavigatore tra le isole, pizzardone, parà, imbandieratore, majorette, intitolatore a raffica) a spezzare loro le reni.
Ma tornando alla sua narrazione ho trovato molto stimolante l'idea delle piantagioni di cotone pianosine, mi sono figurato le schiere di schiene nere di reinseriti migranti curve nel ghermire i candidi batufoli, con il sottofondo di un canto pedagogico-linguistico, l'antico autoctono scioglilingua: VADO A LUNGONE, COGLIENDO COTONE, COTONE COGLIENDO, COGLIENDO COTONE ripetuto come un mantra, prima di rientrare al meritato riposo in tendopoli, restando da stabilire a chi appiccicare l'eventuale frutto dell'inciampo di lingua "Coglione" (anche se una mezza idea l'avrei e sia chiaro non penso a quel furbo di tre cotte che è il Barbetti)
sr