La polemica sul concorso promosso dal Parco di San Rossore rischia di confondere ulteriormente le cose sul ruolo degli enti di gestione delle nostre aree protette.
La contestazione del Sindaco di Pisa riguarda infatti l’assenza di una rappresentanza dell’ampio territorio comunale che deriverebbe dalla nomina di un direttore non pisano, tanto più grave in presenza di un presidente versiliese.
Ora come dovrebbe essere chiaro anche ad un profano, il direttore non rappresenta alcun particolare territorio di un parco, ma il parco da qualsiasi comune o regione egli provenga. Il parco nazionale del Circeo ha un direttore pisano che è stato anche amministratore del nostro parco. L’attuale direttore del Parco dell’Arcipelago Toscano viene dalla Liguria. Il nostro vecchio direttore è attualmente direttore al parco nazionale delle Foreste Casentinesi. In ogni caso la protesta del nostro sindaco sulla rappresentanza comunale sorvola sul fatto che il comune ha un suo rappresentante nel consiglio del parco nominato però dalla passata amministrazione. La nuova giunta come possiamo verificare anche dalle cronache sta rimediando a situazioni analoghe sostituendo in molti organismi ed enti i vecchi rappresentanti con i propri.
A questo punto però la vicenda può e deve aiutarci a riflettere sul punto di crisi a cui è giunto nel paese il tema delle rappresentanze negli enti di gestione dei parchi sia nazionali che regionali. Una crisi che prende le mosse dal ministro dell’ambiente Prestigiacomo quando proclamò che lo Stato non avrebbe più potuto sostenere i suoi parchi, ai quali avrebbero dovuto pensare i privati che per farlo però dovevano poter attingere da interventi anche non compatibili con un’area protetta. Per questo con la nuova legge che avrebbe dovuto più che modificare manomettere la 394, negli enti di gestione furono liquidate le rappresentanze scientifiche, ridimensionate quelle ambientaliste e marginalizzate quelle istituzionali per far posto alle categorie, cacciatori inclusi. Insomma il ruolo istituzionale dei parchi veniva pesantemente mortificato oltre che finanziaramente penalizzato. Oggi è da qui che bisogna ripartire dopo che sono già state quasi liquidate le province, le comunità montane e si volevano ‘punire’ pure le regioni con il referendum, insomma riaffidare allo stato un responsabilità che tagli fuori del tutto le comunità locali da una serio ed efficace governo del territorio e dell’ambiente. Rifarsela con i direttori non basta davvero.
Renzo Moschini