Credo che Grillo - scrive Giuseppe Coluccia - abbia superato il limite democratico quando ha rivolto il suo attacco all’esistenza dei partititi politici. Un’ondata populista sferrata con inaudita violenza, che trova alimento certo nei fenomeni di corruzione e di scorretto uso del finanziamento pubblico ai partiti, ma anche nella lontananza di questi dai problemi reali dei cittadini.
Credo che Grillo abbia superato il limite democratico quando ha rivolto il suo attacco all’esistenza dei partititi politici. Un’ondata populista sferrata con inaudita violenza, che trova alimento certo nei fenomeni di corruzione e di scorretto uso del finanziamento pubblico ai partiti, ma anche nella lontananza di questi dai problemi reali dei cittadini. Non di questo o quello, ma dei partiti politici in quanto tali, assumendoli come la causa della crisi e della difficoltà che sta incontrando il Paese. Difficoltà che si esprime in una debolezza della democrazia. Penso che questa situazione e questa campagna antidemocratica, che è il risultato di un ventennio di antipolitica e di governo di una destra populista e leghista, possa agevolare determinati interessi, privati e oligarchici, a discapito di altri, sociali e solidaristici e ritengo che questa debolezza della politica democratica possa agevolare disegni di disarticolazione e separazione della compagine democratica e nazionale: appelli allo sciopero fiscale, rottura della solidarietà nazionale, forme di discriminazione e intolleranza civile e razziale, tolleranza dell’illegalità su ampie aree di territorio non solo meridionale, ma anche settentrionale, come ci dicono le ultime vicende. In questo ventennio di liberismo economico e antipolitico, il tessuto civile, democratico, associativo ed anche identitario, del Paese, si è indebolito o progressivamente disgregato per inadeguatezza, sotto i colpi delle trasformazioni sociali intervenute in questi turbolenti anni. Il Paese è come bloccato nella sua possibilità di crescita civile e sviluppo democratico da molti lacci e lacciuoli (un tempo venivano chiamati rapporti corporativi e affaristici) e la politica, come capacità di governo e di riforme, è ferma, paralizzata da un sistema politico, di fatto senza partiti democratici organizzati , ma personalistico ed elettoralistico, scollegato dal paese come purtroppo il forte astensionismo sta a dimostrare. La Chiesa Italiana, come comunità religiosa, con il suo potente apparato etico/ideologico ha percepito questi processi rischiosi e disgreganti e li viene denunciando per la loro implicazione nella sfera morale ed etica del Paese, particolarmente verso le nuove generazioni, accentuando la sua presenza e la sua capacità aggregativa e simbolica comunitaria. La comunità politica, altra dimensione rappresentativa della coscienza e della convivenza civile del Paese, stenta a trovare una nuova sintonia con il Paese, con il suo presente e particolarmente con il suo futuro. La crisi di credibilità della politica è proprio questa mancanza di progetto per il futuro, di una prospettiva valoriale e materiale che giustifichi i sacrifici di oggi, che dia coraggio e sicurezza ai giovani ed al Paese intero.
Non so se qualcuno, lo chiedo ai fans di Grillo e ai vari leadhers dei vari populismi che circolano, come risposta a questa crisi, aspetti e speri ormai in un salvatore della patria, che presentandosi come il fustigatore dei cattivi vizi e costumi della politica e additando la democrazia come un sistema incapace di assicurare stabilità e buon governo, avochi a se i “poteri”, tutti i poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario. Non credo che questa possa e debba essere la strada giusta per l’Italia. Un rinnovamento della politica, una sua rifondazione non può non partire da una visione democratica, dove centrale deve restare la partecipazione dei cittadini, dove le regole e le leggi siano il prodotto di una condivisione democratica. Ora i partiti politici in Italia, non sono un’invenzione divina o una concessione del potere costituito, ma il prodotto di uno sviluppo democratico, dopo la caduta del regime dittatoriale fascista, che li aveva aboliti e restano tuttora il canale attraverso il quale i cittadini possono concorrere democraticamente alla formazione della politica nazionale. Attaccarli e chiederne l’abolizione è come chiedere l’abrogazione della democrazia. Dire che li sostituisco con qualcosa di migliore, che siano tecnici o un elite di “illuminati” managers è un inganno ed un’illusione che potrebbe costare salato. La proposta di grandi partiti popolari a vocazione maggioritaria, all’interno di un sistema politico parlamentare ad alternanza democratica, capace oltre che di far partecipare e rappresentare, di decidere, è forse la risposta sempre più efficace e moderna alla crisi della democrazia e della società italiana
Giuseppe Coluccia
Concordo con lei dalla prima all'ultima parola e la ringrazio per quanto ha scritto.
Cordiali saluti.
Assunta Gastaldi
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