L’intervento di distruzione della collina e il relativo residuo del Forte St. Cloud impongono una netta riflessione sull’idea e rispetto che si ha, a Portoferraio, in merito all’ ambiente, al paesaggio e ai beni storici e culturali della nostra città, mortificati in nome di un ristorante e gazebo in vetro.
Facciamo molto per valorizzare i nostri prodotti, che sono una parte delle nostre identità, e perdiamo di vista altri aspetti delle nostra identità che attraverso la storia e la cultura hanno contribuito alla formazione delle medesime.
Vengono strappati alla speranza dei cittadini di rivederli riutilizzati, beni di radicata appartenenza.
Tutti d’accordo sul più niente plastica all’Elba e poi si separano ambiente, paesaggio, storia e cultura.
Invece di tenere legati storia e città, si preferiscono banali e improduttivi interventi, che certo sono la strada più corta e meno faticosa, dalla scontata modernità che non emozionano, non incuriosiscono, non danno niente all’anima e alla testa e che non restituiranno più ai cittadini la visibilità della loro storia.
Si è deciso di non premiare la storia, di non provare a riscattarsi e scommettere su alternative di cura e valorizzazione di quell’area.
Certo non da ora. Non si è pensato, in tempi utili, ad alternative che avrebbero consolidato la relazione tra quello che Portoferraio ha vissuto con quello che dovrà vivere.
Anche i soggetti privati e chi ha la responsabilità di rappresentarli, dovevano e devono intervenire. Troppo facile sempre prendersela con il sistema pubblico e basta!
Chi non esprime oggi una posizione contraria, come sanno fare le associazioni ambientaliste, certo con la consapevolezza che fermare le residue resta del Forte St. Cloud ormai sembra opera impossibile, ammette che tutto ciò si poteva e si può fare.
Giovanni Frangioni