Parlare del giorno del ricordo, per me istriano figlio di esuli istriani, che vive e lavora all’Elba da diverso tempo è doloroso. Le ferite dell’esodo, che ti porti dentro e che parevano essere state rimarginate dal trascorrete del tempo, ricominciano a sanguinare. Istria come Itaca per Ulisse! Poi ti rendi conto che molti dimenticano che si è persa una guerra mondiale e gran parte della Venezia Giulia è finita sotto la Jugoslavia. Della Venezia Giulia rimane quel moncherino attaccato al Friuli e gli italiani che vivevano nelle terre perse sono finiti sotto la dittatura di Tito.
Gli italiani di queste terre avevano pagato il loro essere italiani sotto l’impero austroungarico, finendo in campi di internamento durante la Prima guerra mondiale, chiamata anche Quarta guerra d’indipendenza per Trento e Trieste! L’Istria diventa suolo italiano con la vittoria.
Queste terre erano vissute in pace fino a quando era vissuta la Repubblica di Venezia, poi sono arrivati i nazionalismi con l’impero austroungarico. Da qui solo sofferenza: ogni cambio di bandiera ha portato dolore alla popolazione di queste terre.
L’ultima bandiera, con la dittatura di Tito ha portato all’esodo di massa. Parte il 90% della popolazione di Pola, l’88% da Fiume, i paesi dell’Istria si spopolano, diventano paesi fantasma.
Le foibe sono solo la punta dell’iceberg di una pulizia etnica verso gli italiani, scusata con i crimini precedenti perpetrati dai fascisti, non certo tutta la popolazione che qui viveva da secoli.
Non vengono cercati i responsabili di questi crimini, ma nelle foibe finisce il CLN istriano ed in generale chi figura di spicco nelle città e nei paesi (il prete, il medico, il farmacista, l’insegnante…) in modo da indurre gli altri a scappare.
Dove non ci sono foibe, si annega lanciando in mare le persone con pietre al collo.
Poi la strage di Vergarola (Avvenire del 14/08/2016): “… il 18 agosto 1946, una domenica di sole, si stavano svolgendo importanti gare di nuoto sulla spiaggia di Vergarola, a Pola (Istria, allora Italia), erano accalcati duemila polesani, intere famiglie, molti bambini. In mezzo a loro esplosero 28 ordigni. I morti furono un centinaio che arrossarono il mare e ricaddero a brandelli sulla pineta per centinaia di metri. Si era in tempo di pace, la guerra era finita un anno e mezzo prima, la Repubblica Italiana era nata da due mesi e mezzo: quella di Vergarola è dunque la prima e la più sanguinosa strage terroristica nella storia della Repubblica, più di Piazza Fontana, più della stazione di Bologna... Ma fu subito insabbiata e per quasi settant’anni coperta da una congiura del silenzio, in attesa che il tempo eliminasse i vari testimoni e cancellasse ogni ricordo…”. Ancora oggi non si sa chi furono gli autori della strage, che convinse i più restii a lasciare la propria terra.
Fu un esodo, l’enorme maggioranza se ne andò. Forse 300mila persone, difficile quantificare esattamente perché la Jugoslavia ha sempre minimizzato e non ha voluto collaborare. Non è vero che fossero tutti fascisti. C’erano anche quelli sì. Ma la maggioranza, la stragrande maggioranza, era composta da lavoratori, pescatori, contadini, bottegai, sarti, professionisti. Piccola borghesia. Era gente spaventata piena di dubbi, di nascita e formazione italiana. Poi c’erano i disagi economici, l’isolamento internazionale e l’informazione che veniva dall’Italia. De Gasperi puntò sull’esodo come fosse un tragico plebiscito. Diceva: vedete, vengono via tutti. E’ un plebiscito. Ma l’Istria ormai l’aveva perduta e giocò inutilmente sulla nostra pelle. Se fosse stato realista e meno romantico le cose in seguito, forse, sarebbero andate diversamente. L’Italia doveva avere una visione strategica molto più lungimirante.
In Italia gli esuli sono accolti come fascisti perché scappano da una dittatura comunista, a Bologna viene negato il cibo ai bambini.
E’ l’inizio di una cattiva accoglienza che porta oggi l’italiano medio ad ignorare la storia del confine orientale dove si può e al giustificazionismo per quanto accaduto dove e quando non si può negare più quanto avvenuto.
Il dipingere gli esuli come fascisti e l’osannare Tito in Italia porta 2000 operai di Monfalcone a essere protagonisti del controesodo. Credendo di finire nel paradiso del Sol dell’Avvenire finiscono invece a Goli Otok (Isola Calva), uno dei campi di concentramento di Tito dedicato ai comunisti filo-staliniani.
Tito si macchia della pulizia etnica degli italiani, ma anche di altre etnie e popoli, come quella albanese. Toglieva di mezzo chiunque poteva essere minaccia alla sua dittatura, da destra a sinistra, attraverso la famigerata polizia segreta OZNA.
Ancora oggi si scoprono foibe non solo dove sono finiti italiani, ma anzi se le vittime italiane sono migliaia, quelle slave sono molte di più.
Come meravigliarsi della guerra dei Balcani con queste premesse? Di Srebrenica!
L’Italia ha un grosso peccato: il Silenzio durato decenni.
Il PCI ha ordinato ai prigionieri di Goli Otok che sono tornati in Italia di tacere. Chi in Italia conosce Goli Otok?
La stessa classe dirigente democristiana considera gli esuli cittadini di serie B.
Solo si discute miseramente di “e allora le foibe” facendo triste politica ignorando tutti gran parte della storia e calpestando la memoria delle vittime innocenti.
Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda dell’esodo e delle foibe. E’ una ferita ancora aperta perché ignorata per molto, troppo tempo.
Solo dopo sessant’anni l’Italia con la legge 30 marzo 2004 n. 92, ha riconosciuto ufficialmente questa tragedia istituendo il 10 febbraio come “Giorno del Ricordo”.
Enzo Sossi