La Presidente della società Parco Minerario segnala pubblicamente un episodio emblematico del modo di amministrare questo Comune nel passato.
Nel 1999 (presidenza Marchetti) la società commissionò la fornitura e l’installazione di un ascensore destinato a collegare i vari piani della sua sede al fine di superare le barriere architettoniche. Sarebbe stato e sarebbe oggi uno dei pochissimi impianti a servizio degli edifici del nostro territorio.
Sennonché, i nostri eroi si sono accorti solo dopo che l’ENEL a quell’epoca non forniva in zona la potenza elettrica necessaria per farlo funzionare. E, ovviamente, nessun successo ebbero le richieste di fornitura elettrica fatte a posteriori, com’era inevitabile.
Insomma, come ha acutamente osservato qualcuno, sarebbe come comprare un bus alimentato a metano senza prima assicurarsi se in un ambito territoriale ragionevolmente raggiungibile è presente una distribuzione di metano. Un vero paradosso. Purtroppo, con soldi pubblici.
Nulla è mai stato fatto negli anni successivi, anche quando è sopravvenuta l’adeguata copertura energetica, e ad oggi l’ascensore – nuovo di zecca – non solo non è mai stato collaudato, ma neppure può essere ora collaudabile, in quanto la cabina, il motore, le corde e gli ingranaggi non sono più conformi agli attuali standard tecnici previsti dalla vigente normativa, come ha formalmente comunicato la casa fornitrice.
Insomma, il tutto è da buttare; quindi, non solo c’è lo spreco passato di denaro, ma c’è ora da spenderne altro per il necessario superamento delle barriere architettoniche.
Si è quindi sviluppato un dibattito sui social, arricchito dal piccato contributo di chi si è sentito – inevitabilmente ma giustamente – tirato in ballo. E che meglio non ha trovato da dire che chiamare in causa i cinque presidenti che gli sono succeduti nei sette anni a seguire, a partire dal 2006.
Ma il punto è questo: i cinque in questione non hanno la presunzione di dare tutti i giorni e su qualunque cosa lezioni di buona amministrazione; visto il precedente, il pulpito da cui viene la predica fa alquanto sorridere. È come continuare a guardare la pagliuzza nell’occhio altrui senza voler vedere la trave che c’è nel proprio.
Come direbbe Totò: “ma mi faccia il piacere”!