Nell’incontro con la cittadinanza dei vertici regionali e aziendali della sanità toscana di ieri, 16 novembre, è emerso con forza e drammaticità il disagio quotidiano che l’Elba vive in ogni periodo dell’anno, per la carenza di un’organizzazione che guarda normalmente più ai numeri che alla specificità insulare, ma che, al contempo, quando in piena estate le presenze raggiungono i picchi di 200/250 mila unità, non è in grado di offrire, a chi ha urgenza o bisogno di intervento medico, tempestivo soccorso e cura, se non a costo dell’abnegazione, e in certi casi dell’autentico eroismo, dello scarso personale presente, costretto a turni massacranti, e a cui vanno il plauso e la riconoscenza della popolazione elbana, per la professionalità e l’umanità che dimostra.
Se l’Elba è “la perla del Tirreno” che attira, anzitutto dalla Toscana, tantissimi turisti, che evidentemente trovano gratificante e degno di ritorno il loro soggiorno e qualitativamente apprezzabile l’offerta di pensioni, hotel, agriturismo, abitazioni in affitto, bar, ristoranti, esercizi commerciali, iniziative culturali e di svago che la popolazione residente mette a loro disposizione – oltre all’oggettiva bellezza paesaggistica dell’isola – non è comprensibile perché tale fattore professionale e umano locale debba poi essere mortificato da un sistema sanitario non all’altezza della situazione.
Non solamente estiva: perché i trentamila residenti stabili hanno lo stesso diritto alla salute dei dirimpettai della costa; perché i nostri malati di Sla non devono sommare al dramma della malattia quello di un’assistenza carente; perché la chemioterapia deve esserci anche per le malattie ematiche; perché la medicina territoriale deve essere più che mai presente tra le comunità sparse e distanti; perché i nostri medici, ospedalieri e non, devono poter operare in serenità, data la delicatezza dei loro compiti, in tutti i periodi dell’anno, e magari guardare all’Elba come ad un luogo dover potersi fermare, far crescere i figli e avere una vita “qualitativamente alta”, come ha assicurato, nel suo ottimo e appassionato intervento, la dottoressa del Pronto Soccorso che, da Roma, arrivata tra i primi dieci al concorso, ha scelto di vivere qui.
Insomma, se nella considerazione comune, le isole sono “croce e delizia”, operiamo perché siano sempre meno “croce” e, se non “delizia”, almeno un luogo dove poter risiedere serenamente, senza sentirsi isolati e scarsamente considerati.
Maria Gisella Catuogno