Il 9 e 10 dicembre scorso si è tenuto, da remoto, il summit sulla Democrazia, promosso dal presidente statunitense Joe Biden, dove sono stati invitati 101 Paesi, tra cui il nostro, ed esclusi la Cina, la Russia, la Turchia e l’Ungheria.
Lo sapevamo – rinnovare la nostra democrazia richiede uno sforzo costante, la democrazia è l’idea che le persone debbano scegliere i loro leaders. L’incontro ha evidenziato la convinzione che esiste un conflitto esistenziale globale tra democrazia e autocrazia ed ha scatenato polemiche sul suo scopo, sulla lista degli invitati e sulle possibilità di fare la differenza.
Per cominciare vi è il grosso problema che aleggiava tra i partecipanti al summit mondiale: come possono gli Stati Uniti predicare di democrazia agli altri quando la loro è sempre più a brandelli? Non è certo un caso che il presidente degli Stati Uniti possa tenere un vertice sulle democrazie, ma nessuno avrebbe immaginato che sarebbe seguito a un tentativo di colpo di stato incitato dall’ex presidente Donald Trump; poi il caso Julian Assange, il giornalista, che rischia, se viene estradato negli Stati Uniti, la prigione a vita, per avere fatto il suo lavoro, mentre contemporaneamente a Stoccolma due giornalisti dissidenti, la prima filippina e l’altro russo ricevono il premio Nobel per avere fatto lo stesso. Contraddizioni palesi, o si è per la libertà di stampa con i suoi pro e i suoi contro oppure si è apparenti, quando fa comodo si incita alla libertà di stampa quando no la si condanna.
Poi la Cina e la Russia, tra i più palesi trasgressori dei principi democratici, hanno deriso e condannato il vertice. Alcuni ospiti invitati hanno alzato le sopracciglia. L’India, per esempio, la più grande democrazia del mondo, ma il governo del primo ministro Narendra Modi ha eroso la libertà di stampa e i diritti umani e ha caratterizzato politiche discriminanti contro i Mussulmani. Al vertice hanno partecipato anche Filippine e Polonia, forse perché le loro democrazia ha bisogno di una spinta. Tuttavia l’Ungheria il cui ultra nazionalista, Viktor Orban, è un eroe per Trump, non ha ricevuto l’invito.
Dal summit, il primo per il rinnovamento democratico, sono state poste le basi che avranno come obiettivo di rafforzare la tenuta delle democrazie e la tutela dei diritti umani a livello globale, il sostegno a una governance trasparente e responsabile attraverso la promozione della libertà di stampa e la lotta alla corruzione nel mondo; è stato ricordato come nel 2021 la democrazia sia sotto scacco, non solo per i problemi globali che sono quanto mai complessi e che richiedono sforzi condivisi – come esempio la pandemia di Covid-19 – ma anche per la pressione esterna di autocrati che cercano di espandere la loro influenza nel mondo e di giustificare le loro politiche repressive, dipinte come uno strumento efficace per affrontare i problemi del mondo nel XXI secolo. Un chiaro riferimento alla Russia e soprattutto alla Cina.
La democrazia, il governo del popolo e per il popolo, può attraversare dei momenti di fragilità, ma è anche resistente, in grado di autocorreggersi e di migliorarsi. Le cose iniziano a funzionare quando persone e forze politiche che la pensano diversamente si siedono attorno a un tavolo e dialogano. E’ il modo migliore per liberare il potenziale delle persone, per difendere la dignità umana e per risolvere i problemi.
Le democrazie non sono tutte uguali, chi ha partecipato al summit non la pensa necessariamente allo stesso modo, lo scopo è quello di formare una comunità globale per la democrazia, riaffermando i valori che ci uniscono: la giustizia, lo stato di diritto, la libertà di espressione, la libertà di manifestazione, la libertà di stampa, la libertà di religione. L’obiettivo è di mettere a confronto i leaders di oltre 100 paesi insieme ad attivisti, sindacalisti, membri della società civile, esperti, ricercatori e rappresentanti del mondo delle imprese per raccontare non quanto la nostra democrazia sia perfetta, ma per riaffermare il nostro impegno condiviso a migliorare le nostre democrazie, per condividere idee, imparare l’uno dall’altro e assumere impegni concreti.
Il summit è stato il fischio d’inizio per un anno di azione per tutti, investendo nella propria democrazia e sostenendo i partner nel mondo, per stimolare una crescita durevole e inclusiva, a sostegno delle famiglie, della giustizia razziale, dell’uguaglianza di genere e che assicuri un accesso al voto equo e non discriminatorio.
Enzo Sossi