A 10 anni dal disastro della Costa Concordia, Legambiente ricorda il grande impegno profuso dall’associazione a sostegno della comunità dell’isola del Giglio e torna ad accendere i riflettori sulla necessità di evitare che simili eventi catastrofici possano ripetersi. Era la sera del 13 gennaio 2012, la Concordia naufragò durante un “inchino” a pochi metri dalla costa del Giglio. Molte le vittime, altrettanti i danni a un ecosistema fragile e prezioso come quello dell’isola. Quella sera morirono 32 persone e altre 157 rimasero ferite. Una nave da decine di migliaia di tonnellate e centinaia di metri si incagliò davanti all’isola e ci rimase per anni. La più grande nave passeggeri mai naufragata dai tempi del Titanic. Nel luglio del 2014, la Costa Concordia fu rimossa dal luogo del naufragio con un’operazione complessa e venne trasportata a Genova, dove il 7 luglio 2017 fu terminata l’opera di demolizione.
“Quella della Concordia - hanno dichiarato Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana, e Angelo Gentili della segreteria nazionale dell’associazione - è una ferita ancora aperta. Alle famiglie delle vittime scomparse in modo drammaticamente tragico va, oggi come allora, tutta la nostra vicinanza. E oggi come allora ci diciamo in allerta per la comunità del Giglio, custode di un ecosistema straordinariamente complesso, fragile e da salvaguardare. Come Legambiente, sin dal primo momento, abbiamo lavorato affinché si evitasse un danno ambientale ancora più grave del naufragio e si procedesse celermente al completo ripristino dell’ecosistema marino e, in particolare, dei fondali danneggiati dal naufragio e poi completamente trasformati dai lavori per il recupero del relitto. Quello che è stato cancellato dall’assurdo inchino della Costa Concordia era un ambiente che ospitava una prateria di posidonia, una popolazione di pinna nobilis, il più grande bivalve del Mediterraneo, il coralligeno ed una ricca fauna ittica. Una catastrofe di dimensioni inimmaginabili che per anni ha tenuto in ostaggio l’intera area. Il fatto che il disastro fosse diventato un monumento da osservare era inaccettabile e per porre fine ad un inutile e dannoso cinema dell’orrore a cielo aperto ci siamo battuti a lungo e abbiamo vinto. Durante la fase di smantellamento - proseguono - abbiamo seguito con particolare attenzione tutti i processi di rimozione, trasporto e smaltimento del relitto, fasi estremamente delicate e di impatto ambientale notevole se non correttamente gestite. Per mantenere alta l’attenzione delle istituzioni sul caso che interessava l’isola del Giglio, abbiamo più volte dato seguito ad azioni di pressione. Non solo: negli anni a seguire, abbiamo monitorato costantemente anche il percorso di riconoscimento del danno ambientale finalizzato al risarcimento al Ministero dell'Ambiente, un provvedimento niente affatto scontato se si pensa alla minimizzazione che da più parti veniva fatta dei danni all'ambiente. Quella dolorosissima esperienza deve spingerci con ancora più forza e determinazione a lottare contro i giganti del mare che minacciano le nostre coste e i nostri ecosistemi. Le imbarcazioni come la Concordia non solo producono un grandissimo inquinamento ma, soprattutto quando troppo vicine alle coste, danneggiano in maniera irreparabile i fondali, oltre a mettere a rischio la vita delle persone. L’ambiente non può e non deve piegarsi alla logica del profitto né della spettacolarizzazione. L’errore tragico e sistemico che ha causato la tragedia Concordia ci indica nettamente la strada da intraprendere per evitare che ciò non accada mai più: non dimentichiamolo.”