Il Tirreno ha stimolato opportunamente il Pd toscano ad una discussione da cui si possa finalmente capire che panni si vogliono vestire con il congresso.
Ho visto che qualcuno ci ricorda quando nella rossa toscana eravamo tanti iscritti e raccoglievamo tantissimi voti che oggi abbiamo ‘perso’ copiosamente. Che si debba e si possa partire da qui è più che dubbio. Ma se vogliamo farlo dovremmo almeno ricordarci cosa ha connotato l’esperienza soprattutto toscana che potrebbe anche oggi tornarci utile dato lo stato confusionale i cui si trova la situazione politico-istituzionale del paese. E qui serve a poco sparare nel mucchio a proposito del partito pesante, pensante, leggero, aperto o chiuso, liquido o gassoso.
Il ruolo della toscana in fasi diverse della vicenda politico-istituzionale del paese è stato peculiare perché riuscì dopo la istituzione delle regioni a far diventare gli enti locali grazie alla regione protagonisti della politica nazionale. Ne segnò profondamente una svolta con politiche di programmazione a cominciare dall’ambiente prima ancora che talune importanti leggi entrassero in vigore sul piano nazionale sull’inquinamento, il suolo, le coste, la natura, il paesaggio. Dice pur qualcosa che oggi molte voci autorevoli del mondo della cultura, della ricerca scientifica e dell’associazionismo ci rimproverino spesso severamente di avere annacquato troppo proprio questo vino. D’altronde sono sempre più frequenti vicende in cui arriviamo ai ferri corti al punto di minacciare il ritorno al voto in regione o in altre realtà. Che si tratti della pista di un aereoporto, di un impianto di rifiuti, di geotermia, di golene e bacini fluviali, porti o parchi la dice lunga su quanto si siano ingarbugliate le cose sul piano politico, istituzionale e culturale. Perché di questo si tratta e pensare –o illudersi- che tutto ciò con il congresso non abbia nulla a che fare sarebbe solo un madornale errore.
Altro che regole; soprattutto in Toscana il partito deve dire se vuole e sa rispondere a questi interrogativi e convulsioni con politiche di governo finalmente credibili e chiare. A partire dal ruolo che intende assegnare alle istituzioni regionali e locali in rapporto allo stato oggi tutte in stato confusionale di vero e proprio ‘policentrismo anarchico’ come è stato detto. Prima le comunità montane mandate in pensione ora l’abrogazione delle province o l’incerto futuro dei piccoli comuni senza che a nessuno sia passato per l’anticamera del cervello di fare i conti prima ancora che con i costi con i ruoli. A meno che si pensi di cavarsela con le aree vaste che vanno e vengono da anni. Ma in passato almeno ne discussero seriamente e non demagogicamente Berlinguer e La Malfa e non con qualche decreto incostituzionale.
Il nuovo titolo V della Costituzione è finito come peggio non poteva. Ce ne infischiamo? Non è roba da congresso? Certo che lo è specie per noi toscani. Ma qui il tiro al piccione non c’entra né punto né poco.
Renzo Moschini