Quello che ormai viene chiamato Qatargate si sta estendendo a macchia d’olio, ma non è certo un fulmine a ciel sereno quello caduto nell’emiciclo del Parlamento europeo, colpendo la vicepresidente Eva Kalii del Partito socialista panellenico (Pasok), un bel gruppetto di italiani che facevano capo alla “rete” dell’ex eurodeputato italiano Pier-Antonio Panzeri del PD/Articolo 1 e Marc Tarabella del Parti Socialiste del Belgio, accusati di aver preso tangenti e lussuosi regali per minimizzare le violazioni dei diritti umani in Qatar e di aver messo in piedi strane ONG sui diritti umani che si erano trasformate in strumenti di propaganda di chi i diritti umani li viola quotidianamente.
Per capire quanto sia pervasiva – e ben accolta – l’influenza economica e mediatica delle monarchie assolute del Golfo basta accendere la TV e sintonizzarsi sui mondiali di calcio, ma anche leggere sulle maglie dei grandi club di calcio europei e italiani i nomi degli gli sponsor (e dei padroni). Sembra (ed è diventato) normale che mentre ci indigniamo giustamente per quel che succede in Iran, intratteniamo buonissimi rapporti e facciamo affari – vendendo loro pezzi di economia e immaginario collettivo – con regimi altrettanto (o più) autoritari con gli oppositori di quanto lo sia la Repubblica Islamica dell’Iran, che sono altrettanto (o più) repressivi con le donne, dove ci sono altrettante (o più) condanne a morte e che finanziano gruppi armati jihadisti (a volte rivali) o fanno da anni una guerra di invasione in Yemen, dove hanno provocato la più grande catastrofe umanitaria del mondo.
Tutto era noto, tutto era visibile, leggibile, noto… mancava solo la prova di tangenti e regalie. Quasi tutti hanno fatto finta di non vedere mentre declamavano il loro impegno in difesa dei diritti umani universali.
La copresidente del gruppo The Left/Sinistra al Parlamento europeo, Manon Aubry, di La France Insoumise, ha ricordato in una dichiarazione i contorni politici di questa vicenda: «Nell’ultimo anno ho chiesto un dibattito e una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Qatar in vista della Coppa del mondo. Ogni mese, questo è stato sistematicamente bloccato, in particolare dai Socialisti e Democratici (S&D) e dal Partito popolare europeo (PPE). Infine, a novembre, durante l’apertura dei Mondiali, ho rinnovato la mia richiesta di dibattito e ho preteso un voto pubblico. Con poche eccezioni, tra cui i socialisti francesi, S&D, insieme alla destra e all’estrema destra, si sono opposti. Grazie a un margine ristretto di 16 voti e all’assenza di eurodeputati di destra, siamo riusciti a ottenere una risoluzione. Questo ha segnato l’inizio di negoziati e colloqui straordinari, che hanno lasciato a chiunque guardasse pochi dubbi sul fatto che il Qatar stesse comprando influenza in europea. Tutto si è mosso velocemente. Il gruppo S&D ha preso il comando dei negoziati a porte chiuse. L’Ambasciata del Qatar mi ha contattato per un incontro, che ho rifiutato. Col senno di poi, sembra che non tutti quelli che lavorano nella politica europea non abbiano gli stessi scrupoli. Siamo rimasti sbalorditi quando ci è stata inviata la proposta di risoluzione proposta dal gruppo S&D. Un testo che avrebbe dovuto condannare le violazioni dei diritti umani, si è ripetutamente congratulato con il Qatar per i suoi “notevoli sforzi” nella promozione dei diritti umani, sottolineando il “partenariato strategico” tra Ue e Qatar, in particolare per la fornitura di gas naturale liquefatto, e minimizzando la violazioni dei diritti. Con amici come questi, chi ha bisogno di nemici? Nei negoziati sono riuscita a fare qualche progresso sul testo purché non citasse il Qatar. Un fondo di indennizzo per le vittime integrato dalla Fifa andava bene, una dichiarazione chiara sulle responsabilità del Qatar era fuori discussione. Alla fine, mi sono rifiutata di firmare la risoluzione e ho presentato più di 40 emendamenti per mettere le cose in chiaro. Gli emendamenti che condannano il Qatar per la sua incapacità di proteggere i diritti umani, o che cercano di ritenerlo responsabile del disastro ambientale, sono stati respinti uno per uno dai socialisti e dalla destra. Ora gli eventi del fine settimana mostrano chiaramente come il denaro del Qatar abbia acquistato potere e influenza nel Parlamento europeo. L’esplicito sostegno pubblico di alcuni eurodeputati e commissari per il Qatar viene finalmente messo in discussione».
L’osservatorio sulle lobby dell’Ue Corporate Europe Observatory (CEO) ricorda a sua volta che critica da anni «Le regole e le istituzioni dell’Unione europea che hanno aperto la strada all’ultimo scandalo delle lobby. Rifiutandosi di adottare regole per individuare e prevenire il lobbismo del regime repressivo, le istituzioni dell’Ue, compreso il Parlamento europeo, hanno aperto la porta a scandali di corruzione e manipolazione del processo decisionale».
Secondo l’ONG, «I contorni dello scandalo non sono una sorpresa: CEO ha indagato per oltre un decennio sul lobbismo del regime repressivo nella capitale belga e ha scoperto gravi negligenze da parte delle istituzioni dell’Ue e dei politici europei. Gravi difetti nelle attuali regole di trasparenza ed etica hanno consentito il verificarsi di scandali come questo e le richieste delle organizzazioni della società civile di rettificarle sono state respinte».
Anche per il direttore di Transparency International Michiel van Hulten, «Questo non è un incidente isolato. Per molti decenni, il Parlamento ha consentito lo sviluppo di una cultura dell’impunità, con una combinazione di regole e controlli finanziari permissivi e una completa mancanza di controllo etico indipendente (o addirittura qualsiasi)».
Corporate Europe Observatory, che già nel 2015 aveva presentato il rapporto “Spin doctors to the autocrats: how European PR firms whitewash repressive regimes”, nel quale nella scheda del Qatar si leggeva: «Nel 2014 Portland Communications ha cambiato la Russia con Il Qatar come loro principale cliente. Dopo le attività legate al Qatar, Portland ha ricevuto critiche per “astroturfing”, cioè creare una falsa impressione di un movimento di base. Un’indagine di Channel 4 nel Regno Unito che affermava che aveva contribuito al set up di un blog che attacca i critici del controverso Qatar del 2022. Coppa del Mondo. Il blog “The Pressing Game” afferma di essere stato creato dagli appassionati di calcio. PR Week riferisce: “Portland ha ammesso che il suo team digitale ha aiutato a creare [il blog]… ma ha insistito non gestisce il sito e non fa parte del suo lavoro per il governo del Qatar».
C’erano già in nuce i due grossi scandali del Qatargate. Successivamente CEO ha denunciato con alcuni rapporti l’ingerenza e le pressioni sull’Ue di Emirati Arabi Uniti, Arabia saudita e ancora Qatar.
Corporate Europe Observatory avverte che «Negli ultimi mesi, la crisi energetica potrebbe aver aggravato il problema. L’Unione europea e un certo numero di governi degli Stati membri hanno chiaramente sollecitato il regime del Qatar a garantire maggiori importazioni di gas e petrolio sulla scia dell’invasione russa dell’Ucraina. Questo è solo un altro duro promemoria del fatto che la dipendenza dell’UE dal gas non è solo un disastro per il clima e le bollette energetiche, ma può portare l’Ue a sostenere regimi repressivi direttamente o indirettamente».
L’approvvigionamento di GNL dal Qatar è menzionato due volte nel piano REPowerEU della Commissione europea per eliminare il gas russo. I primi a esprimere una dura condanna sono stati i Verdi europei: la vicepresidente del Parlamento europeo e copresidente del gruppo Greens/EFA, la tedesca Terry Reintke, ha chiesto «Tolleranza zero nei confronti della corruzione e delle tangenti, Questo deve valere anche e soprattutto per il Parlamento europeo. Il solo sospetto di corruzione e venalità danneggia la reputazione e la credibilità del Parlamento europeo. Noi Greens/EFA chiediamo alla Vicepresidente del Parlamento europeo dimettersi dal suo incarico con effetto immediato. Se i sospetti saranno confermati, dovrà dimettersi anche dal suo mandato di europarlamentare per evitare ulteriori danni al Parlamento europeo e alle istituzioni europee».
Non è un caso che i Verdi abbiano messo le mani avanti. A fine novembre il gigante energetico tedesco RWE ha firmato un accordo 15ennale con il Qatar da 2,8 miliardi di dollari che è stato facilitato dai ministri Grünen e che prevede, a partire dal 2026, la fornitura di 2 milioni di tonnellate di Gnl all’anno ( 2,8 miliardi di m3 di gas). Commentando l’accordo, il 28 novembre il vicecancelliere tedesco e ministro dell’economia e del clima, il verde Robert Habeck si era detto molto soddisfatto: «Quindici anni è super. Si sarebbe potuto fare anche un contratto più lungo, ma la Germania vuole diventare climaticamente neutrale per il 2045 e l’uso del gas verrà progressivamente diminuito». Habeck era stato in Qatar a marzo per definire l’accordo.
Il Qatar è uno dei Paesi ai quali si è rivolto anche il nostro governo per ottenere forniture di GNL. Insieme a Doha ci sono anche Algeria, Angola e Azerbaigian, regimi non certo noti per la loro democrazia interna ma ben noti per l’opacità, le clientele familistiche e la corruzione intorno ai loro affari gasieri e petroliferi. Infatti, CEO denuncia che «Tra il 2012 e il 2014 il regime dell’Azerbaigian, attraverso società offshore ha gestito miliardi di dollari per riciclare denaro e pagare tangenti, anche nei confronti di molte figure coinvolte nel mega gasdotto Italia-Azerbaigian, il “Corridoio meridionale del gas”, che alla fine è stato approvato. Come parte della “diplomazia del caviale” dell’Azerbaigian, i membri del Parlamento europeo sono stati nuovamente coinvolti nella ripulitura dell’immagine di un regime repressivo di fronte a brogli elettorali e violazioni dei diritti umani».
Ieri la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e la presidente della Commissione Ue Ursula Ursula von der Leyen hanno detto finalmente più o meno le stesse cose dei Verdi e della Sinistra. Ma Olivier Hoedeman, coordinatore del Corporate Europe Observatory, ha fatto notare ai politici di tutti i gruppi europei che ora prendono le distanze che «Questo orribile scandalo di corruzione in corso è il prodotto di anni di negligenza che sono tornati a perseguitare le istituzioni dell’Ue. Abbiamo chiesto per molti anni una difesa efficace contro le lobby dei regimi repressivi, ma le nostre richieste sono state ignorate o scarsamente attuate. Riuscite a immaginare cosa sarebbe successo se avessimo una panoramica di chi sono i lobbisti e con chi si incontrano al Parlamento europeo? E meglio ancora se avessimo regole che impediscano ai lobbisti del regime repressivo di percorrere indisturbati i corridoi delle istituzioni? Queste proposte circolano da tempo, ma non sono state ascoltate. Questo scandalo potrebbe essere solo la punta dell’iceberg, non ne conosciamo ancora l’intera portata. Ma sappiamo quel che basta. All’inizio di quest’anno è stato imposto un divieto ai loschi lobbisti russi, troppo tardi. Oggi, il Qatar è al centro dell’attenzione. Questi sono entrambi campanelli d’allarme. Non è sufficiente adottare misure reattive dopo l’ennesimo scandalo; abbiamo bisogno di un disegno complessivo credibile per prevenire l’interferenza dei regimi repressivi nel processo decisionale democratico dell’Ue». E anche in quello italiano, dove gli unici arabi buoni sono quelli che ci vendono il gas e il petrolio e che ci comprano le armi (e che pagano profumatamente “consulenti” che siedono in Parlamento), un po’ più di attenzione a chi sponsorizza il nostro calcio e compra pezzi di Paese non guasterebbero.
Il CEO sta cercando il sostegno di altre organizzazioni e del Parlamento europeo per attuare riforme attese da tempo che includono la registrazione obbligatoria delle riunioni tra tutti i deputati e i lobbisti, il divieto di esercitare lobbying da parte dei regimi repressivi, una riforma dell’attuale registro delle lobby in modo che diventi giuridicamente vincolante. Inoltre, le regole per l’attuale esenzione per alcune categorie di lobbisti dei regimi repressivi devono essere rafforzate per difendere il processo decisionale da questa interferenza e devono essere garantiti i poteri appropriati per monitorare e indagare in modo proattivo sulle violazioni delle regole.
Già ad aprile Pascoe Sabido di CEO si era chiesto su Social Europe: «Allora come ha fatto l’Ue a dipendere non solo dal gas russo, ma da tutto il gas fossile? Questa è una conseguenza del modo in cui l’industria dei combustibili fossili ha preso in ostaggio, con successo, il processo decisionale dell’Ue. Questo era evidente nel 2014, quando la Russia occupò la Crimea, e continua ancora oggi con la potente lobby del gas che plasma la risposta dell’Europa alla crisi ucraina. Come risultato di questa “gastastrofe” della prigionia delle corporation, l’UE continuerà ad alimentare la guerra (se non in Ucraina, allora nello Yemen e altrove), continuerà ad alimentare il caos climatico e continuerà a far fallire i milioni di persone che stanno affrontando il crescente costo della vita».
Sabido faceva presente che un elemento centrale di RePowerEU è l’alternativa all’approvvigionamento di petrolio e gas russo, «Ad esempio da altri regimi repressivi, come l’Azerbaigian, il Qatar e l’Arabia Saudita, che hanno giustiziato 81 persone giorni prima che il primo ministro britannico Boris Johnson visitasse Riyadh per chiedere un aumento della produzione. La spinta alla diversificazione è accompagnata da una spinta massiccia per nuove infrastrutture del gas, sia da parte dell’industria che della Commissione europea (…) Tuttavia, una nuova ricerca mostra che un maggiore sostegno al solare sui tetti e all’efficienza energetica potrebbe ridurre le importazioni di gas russo di due terzi nei prossimi tre anni, con le infrastrutture esistenti che coprono facilmente il resto».
Sabido ricordava anche che «A livello nazionale, l’amministratore delegato della major italiana del petrolio e del gas Eni è stato in tournée mondiale insieme al ministro degli Esteri Di Maio per assicurarsi nuove forniture di gas da paesi come Algeria, Azerbaigian e Angola. Allo stesso modo, il nuovo ministro tedesco per il clima e l’economia dei Verdi è stato in Qatar a firmare un accordo per il GNL. Essere ostaggio delle corporation significa che la politica energetica dell’Ue viene elaborata con e per l’industria del gas, minacciando decenni in cui resteremo bloccati sui combustibili fossili. Se vogliamo porre fine alla nostra dipendenza dal gas, russo o meno, allora dobbiamo porre fine al rapporto tra l’industria dei combustibili fossili e i responsabili delle decisioni, eliminando gli interessi sui combustibili fossili dal nostro sistema politico. In breve, abbiamo bisogno di una politica fossil free».
La Aubry conclude: «Abbiamo chiesto un dibattito e una risoluzione contro la corruzione nelle istituzioni dell’Ue. Il Parlamento europeo dovrebbe istituire una commissione d’inchiesta su questo scandalo per stabilire tutti i fatti della vicenda. La risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Qatar va votata di nuovo, senza interferenze straniere. Lo stesso per la proposta “improvvisa” della Commissione di concedere l’esenzione dal visto per i cittadini del Qatar che entrano nell’Ue. Un chiaro e fermo rafforzamento delle nostre tutele istituzionali anticorruzione è la migliore risposta ai leader che usano questo scandalo per giustificare il proprio nepotismo. Abbiamo un disperato bisogno di un’autorità etica europea, nonché di una revisione delle norme etiche del Parlamento e della Commissione. Da qualche anno la sinistra è in prima linea nel proporre un tale comitato etico indipendente, che dovrebbe essere dotato di propri poteri di indagine e di inchiesta. Per troppo tempo, questo è stato ritardato. La Commissione Ue deve finalmente presentare una proposta in tal senso. Lo dobbiamo alle persone che siamo qui per rappresentare. Questa è una settimana buia per la democrazia europea. Dobbiamo rispondere con il più forte regime etico e di trasparenza di qualsiasi istituzione democratica. La corruzione nel cuore dell’Europa finisce qui».
Umberto Mazzantini